IL 20 PER CENTO DELL'INFINITO
Trucchi, ancora una volta trucchi per gabbare i cittadini Ma anche i più distratti stanno accorgendosi che la vita non può essere un film di Totò
di Maria Valenti
E’
uscito dalla sala dei ministri per far credere di non aver pesato con la propria
presenza sul decreto per Rete4 e Rai3. Noi cittadini d’Italia dovremmo,
secondo lui, apprezzare il gesto plateale, e magari applaudire come a teatro.
Titolo della commedia “Come guadagnare 488 miliardi di vecchie lire alla
faccia del conflitto d’interessi”, autore Silvio Berlusconi, interprete
del ruolo da protagonista: Maurizio Gasparri, ministro della Comunicazione.
La proroga, prevista di 4 mesi per decreto legge, ha stabilito come data ultima
il 30 aprile. Prima di quella scadenza Rete4 non andrà sul satellite.
Nel frattempo, a partire dal 7 gennaio, la legge Gasparri ”riformata”
dal Colle sarà di nuovo all’esame del Parlamento. Che fare nell’attesa?
Accettare il suggerimento dei Girotondi di sostituire nel telecomando Rete4
con Europa7 (che vanta il diritto di aver ottenuto le concessioni), oppure attendere
che la Corte Costituzionale, dopo le sue ultime cinque sentenze in materia e
i due messaggi del Capo dello Stato, stronchi senza appello una Gasparri-bis
senza sostanziali variazioni?
Cosa è meglio decidere, indignarsi subito o attendere anche l’arrivo
delle modifiche alla par condicio?
Per la serie “Il Peggio non è mai finito”, Lucio Malan di
Forza Italia, ha pronta una legge di trasformazione delle regole che stabiliscono,
oggi, pari condizioni nella competizione elettorale. Vogliamo attendere ancora
per misurare fino a che punto arrivano? Essere osservatori dell’assurdo
e fare come Totò, che picchiato da uno sconosciuto che lo chiamava Pasquale,
giustificava la sua mancata reazione con la frase “Aspettavo di capire
fino a che punto voleva arrivare!”. Totò, nello sketch, rispondeva
alla “spalla” Mario Castellani, che lo esortava: “Ma tu dopo
tutte quelle botte non hai reagito?”, risolvendo con la frase: “E
che m’importa, mica sono Pasquale!”.
Noi invece
siamo Pasquale e stiamo prendendo schiaffi. La nostra è realtà
non la trama di uno sketch comico. Decidiamo di fare qualcosa. Vogliamo forse
confidare che esista un briciolo di senso di pudore nella maggioranza di governo?
Trovo altamente improbabile che davvero possano accogliere le modifiche proposte
da Ciampi. Forse Follini e Tabacci un po’ di buona volontà ce la
stanno mettendo, ma è difficile che riescano a concretizzare le tre essenziali
modifiche della legge Gasparri.
Dovrebbero in primo luogo ridurre il numero indefinito di concessioni compreso
nel Sic (Sistema integrato delle comunicazioni) che non avendo dei parametri
di calcolo certo delle quantità di autorizzazioni permette di spaziare
nell’infinito. Si prevede un 20 per cento sul totale delle attività
nel campo della comunicazione (dai manifesti, alla stampa di quotidiani e riviste,
alle tv, alle radio, ecc.) Il fatto è che se non si definiscono i confini
del 100 per cento, anche il venti per cento risulta pari all’infinito.
E’ come dire a qualcuno che può mangiare il 20 per cento delle
mele esistenti. Se nessuno stabilisce a quanto corrisponde il 100 per cento
delle mele ne risulta una quantità di mele senza fine.
Il secondo aspetto è stabilire una data certa per il passaggio di Rete4
sul satellite, e per finire l’opera si renderà necessario tornare
alla vecchia legge sugli affollamenti pubblicitari, per evitare che le tele-promozioni
danneggino ulteriormente le possibilità di sostegno pubblicitario dei
giornali e della carta stampata in genere.
Le intenzioni di buona volontà dovranno scontrarsi con il potere di condizionare
che Berlusconi può mettere in pratica, attraverso il rimpasto previsto
nel governo e la lista unica del Polo alle Europee di giugno.
Dall’altra parte della bilancia pesano comunque sia il rinvio e i rilievi
operati dal presidente Ciampi, sia la diminuita popolarità di questo
governo, specie nella fascia di cittadini che apre gli occhi giorno dopo giorno
sul reale motivo per cui Berlusconi si è fatto eleggere. Stanno cadendo,
anche in chi l’ha votato, molte illusioni sul rispetto della democrazia
e delle regole costituzionali.
Senza contare che l’attuale distribuzione della ricchezza premia pochi
eletti e impoverisce sempre più i ceti medio-bassi. Il 75 per cento degli
italiani spende tutto il proprio reddito senza riuscire a condurre una vita
dignitosa. Un operaio tessile oggi arriva ai 750 euro, un’impiegata di
concetto a novecento, massimo mille euro. I pensionati hanno 500-600 euro di
assegno. La novità di questi giorni è che i lavoratori dei trasporti
hanno ignorato il contratto firmato dalle confederazioni sindacali e proseguito
uno sciopero selvaggio. Questo segnala il profondo disagio del dover andare
avanti con stipendi che non assicurano una vita decorosa ma solo la sopravvivenza.
Hanno rischiato, gli operai, precettazioni e multe salate. Non lo hanno fatto
per capriccio ma per esasperazione. L’accordo contestato prevedeva un
aumento di 81 euro. Pochi spiccioli in confronto alla diminuzione che il potere
d’acquisto ha subito in questi ultimi due anni.
Il governo
Berlusconi fa acqua da molte parti. Però qualcosa regge alle intemperie.
Il vascello dei favoriti naviga bene, anzi meglio che mai. Esiste un duplice
modo di navigare. Quello della barca in via di affondamento, con buchi che mettono
a repentaglio la sicurezza di tutte le persone che vivono un tipo di vita medio-basso
e l’altro, dell’imbarcazione che invece va a gonfie vele. Sull’ultima
sono ospitati viaggiatori che possono tranquillamente falsificare i bilanci
delle loro aziende, costruire ville abusive, evadere il fisco e lasciare patrimoni
miliardari ai propri congiunti senza preoccuparsi della tassa di successione.
Gruppi di distributori di merci e servizi, industriali, che con l’avvento
dell’euro hanno moltiplicato la loro ricchezza, ritoccando il prezzo del
loro prodotto senza che nessuno li abbia ostacolati. Sicché il divario
si è fatto sempre più ampio tra chi si è enormemente impinguato
e chi impoverisce giorno dopo giorno. Si è permesso, in questo tempo
del governo di centrodestra, che intere fasce sociali giungessero sotto la soglia
di povertà. Un dato statistico rivela che lo stipendio di 1100 euro,
con tre figli a carico, non permette ad un lavoratore di vivere in maniera decorosa,
ma lo inserisce nella lista dei “poveri” che dovranno misurare il
centesimo e arrivare al quindici del mese senza un euro in tasca.
Verrebbe voglia di rendere obbligatorio il tirocinio di sopravvivenza per ogni
candidato politico. Prevedere per chi amministra, l’obbligo di vivere,
per un certo periodo, con mille euro al mese pagando affitto bollette e tasse.
Si rende
necessario imparare regole di vita e forme dell’esistente. Conoscere l’infinitamente
piccolo dovrebbe essere obbligatorio per chi vuole avventurarsi a dirigere l’infinitamente
grande. In tutte le situazioni. Prendiamo ad esempio l’enorme interesse
sulle leggi che dovranno regolare il mondo della comunicazione. Non sarebbe
opportuno per gli addetti ai lavori (ministri, parlamentari, authority) fare
un tirocinio presso una delle tante microemittenti in sofferenza? Mi riferisco
a quelle inserite nei coni d’ombra dei giganti della comunicazione. Si
chiamano telestreet. Sono artigiani del tubo catodico, formiche dell’etere,
che rischiano di essere oscurate perché trasmettono senza la concessione
prevista dalla legge Mammì. Ed hanno organizzato una rivolta contro la
legge Gasparri. Tra queste c’è “Telefabbrica”, degli
operai Fiat di Termini Imerese, “Disco Volante”, televisione di
quartiere di un’associazione di portatori di handicap. E ancora “Peccioli
tv”, dal nome di un paese del pisano. Le oltre 100 tv di strada si battono
per un progetto-emendamento alla legge Gasparri che chiede il 10 per cento delle
frequenze digitali alle televisioni comunitarie. Capeggiato da “Orfeo
tv” di Bologna, definita la madre di tutte le tv di strada, “Il
network telestreet” opera per i diritti dei piccoli contro la prepotenza
dei Golia della comunicazione. Aiutate da legali esperti del settore e dal senatore
Guido Calvi sperano di dimostrare alla Corte Costituzionale l’illegittimità
dei sequestri delle microemittenti.
E’ dura. Soprattutto quando il gigante sta al governo e non s’ interessa
all’infinitamente piccolo, se non per spazzarlo via come un ammasso di
batteri nocivi alla propria arroganza.
Osservare
con impegno il piccolo mondo produttivo per conoscere i grandi meccanismi di
distribuzione e produzione delle merci può aiutare. Noi italiani abbiamo
molti difetti, ma non possiamo essere definiti superficiali. Il particolare,
la minuzia, la ricercatezza, il rispetto del singolo ci salverà dal fallimento.
La piccola e media impresa italiana, l’enorme valore che essa rappresenta
per la nostra economia è descritta da Susanna Stefani nel libro “L’impresa
conviviale” (edizioni Egea), ed esorta a smetterla di volerci male. Scritto
con Piero Trupia, co-fondatore della società Governance Consultino, il
testo spiega che occorre valorizzare il modello industriale che da oltre mezzo
secolo sostiene l’impresa Italia. La piccola e media impresa che comunica
in maniera vitale al proprio interno, valorizza le risorse umane e si riproduce
in continuazione. Questo è un modello di riproduzione orizzontale che
può resistere e fronteggiare la competizione dei modelli verticali, le
grandi imprese. La riproduzione orizzontale, o rizomatica può, inoltre,
attraverso l’associazionismo, contare e influenzare le scelte politiche
di ritorno alla piccola impresa.
Il futuro dell’impresa italiana è in fattori come creatività,
convivialità, qualità della produzione, sviluppo attraverso un
lavoro vissuto nella responsabilità degli addetti. Ma anche attraverso
il controllo e la diffusione di regole di governance.
Il controllo è fondamentale nelle piccole e nelle grandi aziende. Gli
episodi Parmalat e Cirio lo confermano.Ancora una volta si impara che non è
possibili fare a meno delle regole.
Nelle piccole e nelle grandi occasioni i patti si fanno prima. Chi permetterebbe
ad un avversario di una partita a dama di cambiarli durante il corso della partita?
Com’è possibile, invece, che a questo governo si permetta di aggiustarsi
le leggi strada facendo?