ADDIO GABRIELLA FERRI, VOCE POPOLARE DI ROMA
E’ caduta
portandosi via un lungo periodo di arte e folklore popolare trasmesso ad almeno
tre o quattro generazioni.. Forse colta da malore, la cantante Gabriella Ferri
è caduta dal balcone di una delle sue ultime dimore nel viterbese,
a Corchiano, sui Monti Cimini.
L'allarme è stato dato da un vicino di casa. La cantante 63enne, secondo
le prime informazioni, era sola in casa quando è accaduto l’incidente
casuale o voluto.
Romana
doc, Gabriella era nata al Testaccio, il quartiere che pullula di trattorie
tipiche, club romanisti e taverne. Il sobborgo “rosso” di Roma
con circoli dei partiti tradizionalmente di sinistra, dove pulsa il cuore
del popolo e si misura più che altrove la disapprovazione o il disagio
per come vanno le azioni di Governo. Luogo di sondaggi e inchieste per tastare
il polso della gente comune. Quartiere dove le cose non si mandano a dire.
Rione in cui le proteste si sostengono in piazza o negli androni delle case
popolari, come un tempo si cantavano con le “stornellate a vino”
nelle “grotte” ingombre da botti di bianco dei castelli.
Legata
alla capitale da un viscerale rapporto d’amore, Gabriella Ferri aveva
cavalcato il successo vero e totale fin dall’età di 21anni quando,
abbandonata temporaneamente l’amata Roma, si era trasferita a Milano
per i primi approcci con il cabaret dell'Intra's club e la trasmissione tv
“La fiera dei sogni” di Mike Bongiorno. Nel 1964 il suo primo
successo “La società dei magnaccioni, e da quel momento, complice
anche la celeberrima parentesi del “Bagaglino”, la Ferri raggiunge
il consenso del grande pubblico con le sue calde, originali performance artistiche.
Seguono tournée all’estero (Parigi nel ’66, New York e
Canada nel ’68, Argentina nel ’69), le apparizioni al Festival
di Sanremo, al Cantagiro, e una crescente ondata di popolarità, negli
anni ’70, per quella sua verve popolare, scanzonata, per certi versi
schietta e cialtrona, resa evidente in brani come “Sor Frignone”,
“Ciccio Formaggio”, “Lassatece passà”; senza
tralasciare le interpretazioni di stornelli più classici.
La sua
ricerca di canzoni appartenenti alla tradizione dialettale, non solo romanesca,
ma anche napoletana e siciliana ha dato risultati di grande successo, per
il suo modo di cantare istintivo e personalissimo, scevro da rigide inquadrature
in schemi di tempo e spazio musicali.
Bella nelle immagini in bianco e nero trasmesse in riedizioni tv de “Il
Musichiere”, a tu per tu con il sarcasmo di Mario Riva; prorompente
nel fisico asciutto, Gabriella Ferri è stata amata moltissimo dal pubblico
che le ha dato fama e credito, perdonandole la sua pigrizia e le improvvise
sparizioni dalla scena.
Il viso
singolarmente illuminato da un paio d’occhi chiari ogni tanto però
riappariva. I lunghi capelli lisci e vaporosi sulle spalle sono diventati
via via che il tempo passava, il dettaglio irrinunciabile di un’icona
artistica che presentava eccessi stravaganti di colore, di trucco e di taglia.
Esagerazioni che magicamente diminuivano all’ascolto della prima frase
di ogni canzone.
Non si
dimenticano nel ’71 e nel ’72 lavori come “...E se fumarono
Zazà”, “L'amore è facile, non è difficile”,
o “Ciccio Formaggio”, che oltre a liberarla dall’etichetta
di una eccessiva romanità l’affermavano come artista poliedrica
e perfino come interprete originale di una imprendibile tradizione canora
partenopea.
La sua è una figura atipica, di un’arte sfaccettata, sfacciata,
capace di spaziare da una venatura più comica e burlona ad un’altra
tinta di tragico, come lo è adesso la sua improvvisa morte.
Abile nel ridare voce ad una melodia dai tempi unici; nazionalpopolare e rinnovatrice
allo stesso tempo, sgranata, passionale e cabarettistica, Gabriella Ferri
era la voce di un varietà che ora non c’è più (“Questa
sera Gabriella Ferri”, nel 71 e “Senza rete”, Teatro 10
e “Adesso musica” nel 72 ) e di un istrionismo affabile che sapeva
di vero e che il manifesto “Dove sta Zazà”, suo show personale
in quattro puntate del ’73, lascia impresso nella storia dello spettacolo
italiano.
In un paese tendente a dimenticare e poi osannare post-mortem ci piace ricordare
come Maurizio Costanzo, ora costernato dal dolore per la sparizione di “un’artista
vera”, avrebbe dovuto ospitarla a distanza di giorni, dopo averla riportata
in tv a piccole dosi; senza aver avuto “l'impressione di una persona
così depressa” sia sul palco del suo show serale che nella passerella
festaiola di “Buona Domenica”.
Per Pippo Baudo invece la Ferri aveva dentro sé “il male di vivere”
e comunque “una vena patetica sempre presente” tanto che perfino
l’allegra “Dove sta Zazà con lei diventava una specie di
sceneggiata tragica”.
Si dice
di lei che fosse eternamente depressa. Subito dopo la disgrazia sono stati
trasmessi annunci di un possibile suicidio. I familiari affermano che Gabriella
non si è tolta la vita perché non ha mai manifestato simili
intenzioni, anzi, pare che fosse pronta e felice di partecipare ad uno spettacolo
in televisione al quale teneva molto.
Ma tutto questo ormai non conta. Gabriella Ferri resta un’artista nazionale,
non solamente romana.
Chi non l’ha aiutata o apprezzata quando era in tempo per farlo, come
spesso accade, lo farà post mortem. E’ accaduto con Totò,
Anna Magnani, e con tantissimi altri grandi artisti.
Si parlerà
e si scriverà di questo e quell’aspetto di genialità relativo
alla sua arte, ma, appunto, ora.
Si rimpiangerà la sua capacità di riempire la scena, quel suo
cantare “di pancia” con il dolore e la gioia e la bizzarria consegnate
a chi l’ascoltava.
Il mondo dello showbiz oggi pare non sentire il bisogno di spessore in arte,
preso com’è da strip e letterine, da reality e vip riciclati.
Qualcuno però, nel vuoto attuale, ricorderà con nostalgia gli
slanci autentici di Gabriella. Descriverà quell’indefinibile
emozione che, sentendola cantare, inteneriva e divertiva. Sincera come la
vita. La sua vita. Contraddittoria e difficile. Vita privata tenuta al riparo
dalle luci della ribalta.
Forse le
intitoleranno una strada. E’ così che rimedia in genere all’indifferenza
e ai rimorsi.
D.S.