LE DUE "PUNTE" SUGGERITE DAL PRESIDENTE MAXIMO

L’occasione afferrata al volo: Il derby di Milano nella gara valevole per il campionato di serie A italiano, diventa una nuova vetrina per il cavaliere di Arcore

di Daniele Silvestri

Politica, calcio, tv privata, tv pubblica. In una normale Domenica sera di Febbraio il Premier ha dato l’estrema riprova di come un circolo di interessi boomerang abbia mostrato il limite della sopportabilità nei pensieri dell’uomo comune.
Sembra quasi che ci sia qualcosa nell’aria della tenuta di Arcore o nell’acqua o nelle ricchezze a suo dire onestamente guadagnate (che, si sa, non essendo egli un politico di mestiere non ha certo rubato) capace di infondere nell’animo del leader e nella mente dei suoi fedeli vassalli il prodigio della deificazione.
Il cavalier Silvio, allorché decise, dieci anni fa, di scendere nella mischia, sapeva bene a cosa andava incontro, ed oltre alle motivazioni morali o molto più semplicemente personali, nelle intenzioni magari inconsce del profondo di quella scelta esiste qualcos’altro. Forse il bisogno di gratificarsi attraverso l’affettuoso consenso della gente. Forse la necessità di dimostrare doti soprannaturali, tra cui quello invidiabile dell’ubiquità.
Gli ultimi fatti, apparentemente banali, registrano un presenzialismo costante a cavallo tra le ultime ore del prime time di Sabato scorso, 21 Febbraio 2004, e quelle focali di domenica sera, nel bel mezzo della storica trasmissione tv “La domenica sportiva”.
Il programma di Rai due, si conduce con la solita vivacità, quando l’onnipotenza di Berlusconi entra nello spazio sportivo
Una premessa: il derby di Milano, la stracittadina in cui, in una gara valevole per il campionato di serie A italiano, si affrontano le formazioni dell’Inter di Facchetti, Moratti e Zaccheroni e del Milan di Berlusconi stesso.
Alle dieci e venti circa, di sabato, la partita si è conclusa col clamoroso risultato di 3 a 2 per i rossoneri, dopo un iniziale svantaggio, a conclusione del primo tempo, di due reti a zero. Una rimonta che ha del mitico e che, nell’indole eroica del Premier deve pur aver fatto scattare qualcosa di quel lirismo arcaico del quale pare essere dotato.
In un’ intervista nel dopo partita ai microfoni Sky, infatti, Berlusconi si è concesso dichiarazioni scoop: lui da esperto maximo, checché ne dica la sinistra, da vincente nato, da presidente della società calcistica che ha vinto di più nel mondo, ha il potere di obbligare il mister della sua formazione a far scendere in campo uno schieramento da Milan, ossia sempre e comunque a due punte. In caso contrario, rinunci al ruolo di tecnico.
A suo dire, si è trattato di un atto di liberazione di Ancelotti, mister rossonero, dalle pesti: “ ora avrà la scusa per giocare a due punte, potrà sempre dire che è stata la società a chiederglielo”, ha detto domenica, a Telenova. Poi, il vero e proprio caso. Mentre, fin dai primi minuti successivi al primo intervento di sabato, nel mondo del calcio divampavano le polemiche tra chi era concorde o meno con tale improvvisa piazzata, il decisivo sbotto, alla Domenica Sportiva, appunto.
“Ancelotti deve osare di più. La mia non è una dichiarazione improvvisa, ma il frutto di una filosofia societaria con la quale il tecnico, al quale mi legano stima e amicizia, è d’accordo”, ha detto Berlusconi. Il tutto, quasi che fosse un uno-due calcistico, che va direttamente al seguito di altre dichiarazioni bollenti, quelle dei giorni precedenti, con le quali il leader del centro destra afferma che i politici rubano.
Inutile dire quanto sia stato facile lo sboccio delle polemiche e dell’allarmismo di chi teme questa propensione berlusconiana all’egocentrismo della scena e delle varie cromature mediatiche, al solo scopo, si dice, di imporre i suoi temi, le sue verità.
Pecoraro Scanio afferma che Berlusconi intende “soffocare la campagna elettorale” con inconsulti gesti di occupazione mediatica. Il segretario dei Ds Fassino afferma che “l’episodio è la manifestazione di un’immensa megalomania” e che il Presidente del Consiglio ha “abusato di una funzione pubblica istituzionale infarcendo discutibili giudizi calcistici con ancor più discutibili giudizi politici” dato che ormai il Premier “ un giorno spiega alle massaie come fare la spesa, un altro agli allenatori come schierare le squadre e un altro ancora all’opposizione come deve opporsi”. Per concludere che “di padre eterno ce n’è uno solo”.
E ancora molti altri hanno manifestato indignazione: in una ampia rappresentazione che va da Bertinotti al senatore Fabris alla presidente Rai Lucia Annunziata che dichiara già di aspettarsi il Cavaliere a Sanremo, a parlare di musica.
E il centro destra? Casini rifiuta “di parlare di calcio il lunedì”, Fini sbotta al pensiero della eccessiva demonizzazione di un Premier ingiustamente accusato di usurpazione.
Ora, ci si chiede: qual è il punto?
In qualità di Presidente del Milan, Berlusconi ha tutto il diritto di interagire con i tecnici, allorché da che mondo è mondo non è mai esistito un patron calcistico disinteressato alle disquisizioni tattiche. Ma parlare venti minuti di un niente da egli stesso creato, accentrare obiettivi e inchiostro nuovamente sulla sua persona, mentre la gente perde potere d’acquisto ed il paese è affranto da numerosi problemi sembra davvero essere troppo.
Al di là della demagogia, perché non sottrarsi per una volta soltanto ai riflettori in favore di un maggior impegno ruolo pubblico da Presidente del Consiglio?
Venti minuti di calcio in tv, in qualità di presidente del Milan sono venti minuti in meno come massima carica del governo di uno Stato. Siamo sempre lì. Non è retorica se ci si chiede cosa voglia il Cavaliere fare da grande, se l’imprenditore o il proprietario di televisioni private o di squadre di calcio o, ancora, la più elevata e attiva carica politica italiana.
E’ bene sapere. Per sottrarsi, quando è possibile alla consacrazione della pedanteria, con i mezzi che abbiamo a disposizione. Cambiare canale, o votare sotto l’effetto di un rigetto da sovraesposizione.