REALITY SHOW: TOCCA ALLA POLITICA
Polemica Vespa-Lerner: qual è il ruolo giusto dell’informazione in tv?
Che la storia
fosse fatta anche (se non soprattutto) di politici-attori, fanfaroni millantatori,
di questa e quella promessa allo scopo di ottenere un maggior numero di proseliti
e dunque, di percentuali e di poltrone, era cosa risaputa. Vox populi…
no?
Le popolane urlavano: piove, governo ladro!, e benché fosse buffo,
dava il senso dell’idea che la gente si faceva dei politici. In molti
hanno sempre pensato, infatti, che la classe politica italiana fosse composta
da personaggi abilissimi nel recitare una parte, e nel sembrare chi, forse,
non sono. Non tutti, in verità, sapevano che un giorno a tutto questo
si sarebbe aggiunto un ulteriore elemento, una realtà di fatto che,
ad oggi, sembra da un lato sopraffarci, e dall’altro, identificarci:
il reality show.
Nella “società dell’obiettivo”, (laddove tu non sei,
se non appari e se non sei visto su di un qualche schermo, piccolo o grande
che sia) c’era forse da aspettarsi che anche loro, attori per antonomasia,
facessero la loro parte. E così, poiché pare ormai che la realtà
esista solo attraverso uno show televisivo che ce la racconti, ecco che, dopo
le isole di pseudo famosi arrancanti dietro la fame e i cicloni e case spiate
tutto il giorno per mostrare quel realismo apparente, fittizio, concettualmente
iconoclastico di quel che siamo, a fronte di quel che dovremmo essere –
massificati in un unico io di cloni e di parvenze comportamentali –
arrivano i politici, anche loro, proprio loro: si immergeranno nella realtà
dei reality show, e lo faranno con tutto l’arsenale di dialettica forbita
di cui sono dotati. Lì, nel calderone di “Porta a Porta”,
la trasmissione di Bruno Vespa che più di ogni altra ha fatto della
spettacolarizzazione della politica e della cronaca un elemento di successo
di un format informativo, si affronteranno, o per meglio dire si mostreranno
in “Una giornata particolare”; e basti questo per far scoppiar
polemiche e invettive.
L’autunno
dell’informazione si apre, infatti, con una polemica a distanza tra
due dei principali anchorman della tele-politica italiana: lo stesso Vespa
e Gad Lerner, ritornato con il suo “Infedele”, format di approfondimento
e indagine politica. Qui Vespa: “siamo stati i primi a rendere familiari
i politici della seconda Repubblica, ora tentiamo un salto ulteriore”.
Con queste parole annuncia il primo reality show politico che andrà
in onda su Rai Uno dalla seconda metà di Ottobre, una volta a settimana
per quattro puntate durante le quali due politici – uno della maggioranza,
l’altro dell’opposizione – trascorreranno 24 ore in compagnia
dei rispettivi elettori, scelti secondo i crismi statistici di Renato Mannheimer
su di un campione nazionale: i filmati prodotti saranno poi commentati in
studio dagli ospiti, che ci diranno se i “candidati” si saranno
comportati bene.
Qui Lerner: “è agghiacciante, è l’esatto contrario
di quel che io penso debba fare un programma di informazione. E’ ovvio
che chi lo scorso anno ha spettacolarizzato la morte, senta il bisogno quest’anno
di fare una commedia. I politici partecipano a questa cosa perché sono
convinti che altrimenti non esisterebbero, e a me, la loro, pare un’esistenza
grama.”. Dure, durissime le parole di Lerner, che intento è ritornato
in tv con un Baricco narratore di una nuova Iliade in cui il tema caldo e
purtroppo ancora attuale della guerra, è stato sviscerato nella sua
componente di bellezza calamita, e inevitabilmente, calamità. “In
tv bisognerebbe ristabilire le giuste proporzioni: io dieci puntate sul caso
Cogne non le avrei mai fatte, il problema è che si parte dall’idea
che l’informazione debba intrattenere. Per me non è così.”,
conclude il conduttore de “l’Infedele”.
“Io
avrò fatto una puntata di troppo su Cogne, ma non ho mai dovuto dimettermi
da direttore del Tg1 per aver trasmesso nell’ora di massimo ascolto
immagini di pedofilia”, ha replicato con altrettanta spigolosità
Bruno Vespa. “Dall’alto dei suoi ascolti Lerner può permettersi
di fare e dire ciò che vuole, anche se non ho capito dove finisce l’opinione
del giornalista e dove comincia quella del consigliere politico dell’opposizione”,
ha poi concluso, tanto per pepare un po’ di più la querelle.
Ma il botta e risposta continua; mentre Lerner replica affermando che il suo
ruolo di conduttore di informazioni non è “intrattenere”
ma al massimo “destabilizzare”, Vespa punta sull’ironia,
affermando: “il reality? Vedremo se ci saranno scene di sesso tra gli
elettori e i politici”, per poi ribadire che “oggi i grandi leader
non fanno più ascolto, hanno perso appeal: dobbiamo costruire una trasmissione
che sia di reale interesse pubblico”.
Reale, uguale reality. Ma una volta fatto pace con la diversità del
punto da cui entrambi, Vespa e Lerner partono (un arsenale costretto a tirare
la carretta quello del primo, un talk slegato da logiche ossessivamente alla
ricerca di qualche punto di share in più, l’altro), resta da
capire quale debba essere, qualora ci sia, il giusto peso dell’informazione
politica all’interno di una confezione televisiva. Vince, in ogni caso,
la dottrina modaiola, o c’è ancora spazio per una cruda e perfino
noiosa narrazione di una realtà reale davvero?
“L’idea è quella di portare il politico a spasso, a fare
la spesa, a prendere i figli a scuola”, ha precisato Vespa; e Lerner
calca la mano: “ bisognerebbe raccontare quello che accade nel mondo.
Io voglio affrontare i problemi della gente parlando di più di economia,
filosofia, religione e storia, strumenti utili per interpretare una realtà
inquietante”. Ma, appunto, il punto è quale tipo di realtà
si intende raccontare. Ma uno sguardo sul mondo, ovattato e ripulito dalle
telecamere, forse, è quel che chiede il mercato, e in fondo dire pane
al pane potrebbe non pagare, di questi tempi. Un po’ come mettere chi
di dovere, di fronte a responsabilità oggettive oltre questa sorta
di subdolo gioco dello “show must go on” che sembra vincolarci
tutti verso un ostracismo mediatico per tutto quel che non “tira”.
“Non guardo gli altri talk show, ma il fatto che Porta a porta ospiti
un reality mi fa compiacere di andare nell’assoluto senso opposto: rifiuto
l’idea di una tv che diventi ricettacolo di filmati orripilanti dei
terroristi, una sorta di becchino elettronico. Noi abbiamo una grande responsabilità”.
E se non altro, un’altrettanta ne abbiamo noi tele-elettori: capire
dove sta la differenza tra il vero e il verosimile; che tuttavia, come a volte
è dura nella scelta del buono e del cattivo, rischia di impantanarci
nel pantano di un artificioso altalenarsi di un realismo reale che, pur entrandoci,
cruentamente, nelle nostre case, ci sembrerà artefatto, e distante
da noi. Una distanza colmata dai sorrisi accattivanti di mascara delle verità
di un’ora e mezza di reality show.
Daniele Silvestri