Qualcuno
ci osserva. Lo scrisse George Orwell nel 1948. Cinquant’anni fa immaginò
telecamere che come occhi spiavano gli esseri umani. Al comando di vari Ministeri,
tra cui il ministero della Verità, strumenti elettronici rendevano l’uomo
un animale da laboratorio, osservato perennemente. La sua opera si chiama 1984.
E’ da rabbrividire solo pensando che tutto si è avverato. Qualcuno
può misurare i nostri passi in qualsiasi momento. Il satellite, gli occhi
della telecamera in banca o al supermercato, il nostro cellulare, la voce in
segreteria, i biglietti del cinema, lo scontrino fiscale.
Il Grande
Fratello è sopra di noi e ci osserva perennemente. In Orwell simboleggiava
l’oppressione che altera l'essere umano e gli impedisce di portare liberamente
a compimento la propria umanità. Già da allora l’uomo osservato
dai vari Ministeri capì che l’unico modo per difendersi era quello
di continuare a pensare. Pensare, amare e riflettere sul fatto che alla stupidità
del mezzo si poteva contrapporre l’intelligenza umana. E difendere così
“l’eredità di uomo”. Winston Smith, l’uomo osservato
dal Grande Fratello, deve riconquistare ogni giorno il senso del suo essere
umano e respingere la tentazione di “urlare con i lupi per la paura di
essere pecora”. La minaccia, presente nel testo di Orwell, è l’antiumanismo.La
posta in gioco è la sopravvivenza dell’umanità. Per vincere
questa lotta non serve attendere che arrivino eroi a difenderci. Ognuno è
eroe se capisce che “non deve mai dimettersi dal nome di uomo”.
Ogni torto, ogni minima degradazione della razza umana, ogni viltà contro
il più piccolo degli uomini si ripercuote su noi stessi, corrompe la
nostra umanità, la ferisce. “Il Più piccolo degli uomini”
non esiste. Il piccolo è grande e determinante se lo si inquadra in un
caso particolare con cui si gioca l’avvenire di tutti. Difendendo il piccolo
difendiamo noi stessi e l’umanità. E’ in gioco un concetto
alto che non possiamo smarrire perché la riconquista dell’uomo
si fa ogni mattina su noi stessi..
Il messaggio
di Orwell è altissimo. C’è da meditarvi a lungo. C’è
anche da chiedersi se noi possiamo usare il mezzo di controllo a nostro vantaggio.
Ci sentiamo disturbati dalla telecamera -antiladro nel condominio? Non credo.
A meno che non si abbia noi stessi qualcosa da nascondere.
Certamente il bell’ombroso che va a trovare la moglie del viaggiatore
di commercio del piano attico, vorrebbe evitare di essere ripreso ogni lunedì,
quando il marito di lei è assente. Ma se non ci fosse la telecamera basterebbe
scambiare due chiacchiere con la portiera per sapere tutto e anche di più.
Non per spiare tresche sono stati inventati i mezzi di precisione. Possiamo
sapere noi stessi dove siamo stati due giorni prima e riscrivere l’itinerario
dei nostri spostamenti con gli scontrini fiscali dov’è scritto
il luogo, l’ora, e il motivo per cui siamo entrati in un negozio. Personalmente
ho ritrovato i miei occhiali con questo sistema. Ma questo è un uso banale
di prodotti di alta tecnologia.
La lezione di Orwell è più profonda e laboriosa.
“Se
desiderate un'immagine dell'avvenire, raffiguratevi uno stivale che calpesta
un volto umano in eterno”. Il torturatore di 1984 propone l’idea
in cui l’umanità è schiacciata e resa dolorante. La terrificante
Utopia di Orwell sembra essersi verificata se assistiamo quotidianamente a guerre
infinite, a bombe umane che in nome di un Dio vendicativo seminano morte tra
innocenti, all’oggettificazione di bambini uccisi per ricavarne organi
di ricambio, alla profanazione dell’infanzia con dichiarazioni di orgoglio-pedofilo.
Demolire tutto questo è un compito difficilissimo che richiede forza,
intelligenza e progetti di azione comune a livello internazionale. L’uso
dei metodi di indagine del Grande Fratello, attraverso il controllo multimediale,
può aiutare nel tempo. Personalmente ritengo che ognuno di noi debba
avere le proprie impronte digitali nella carta d’identità, come
credo che l’identificazione del Dna sia una delle scoperte scientifiche
che maggiormente ci rendono tranquilli. Non solo per ritrovare gli artefici
di delitti efferati, ma anche per poter essere scagionati in casi di errori,
scambi di persona, omonimie, in cui ognuno di noi si potrebbe trovare ingiustamente
coinvolto. Chi non ha nulla da nascondere desidera essere identificato in ogni
situazione d’interesse pubblico. Il discorso della privacy è un’altra
cosa. Anzi, ritengo che si rafforzi il diritto ad avere un vita privata protetta
da invasioni quanto più l’aspetto pubblico e di necessità
sociale è reso trasparente. Intendo dire che prima di violare le mura
domestiche e la sfera privata, gli organi inquirenti devono aver già
ottenuto riscontri positivi nelle indagini che gli attuali strumenti scientifici
gli permettono di fare. Se le impronte digitali sul luogo del delitto non corrispondono
a quelle fissate sul passaporto della persona che gli inquirenti sospettano,
credo che l’uomo indagato potrà essere grato a chi ha inventato
il metodo delle impronte digitali per tutti.
Oggi quindi,
appare controproducente tentare di resistere al controllo. Apparentemente il
Grande Fratello è sopra di noi e sa tutto. Però non è proprio
vero. Viene da chiedersi dov’è in effetti Big Brother? Perché
chiude l’occhio della telecamera quando si commettono delitti efferati?
Com’è possibile che la telecamera non riprenda quei milioni di
bambini che invece di giocare lavorano duro in ogni parte del mondo e anche
in Italia. Cosa fa Big Brother, lo spione, mentre individui corrotti si arricchiscono
sullo sfruttamento di un’umanità debole? E come mai la telecamera
si inceppa quando famosi produttori di abbigliamento griffato ritirano le merci
da fabbriche di Taiwan o in Thailandia in cui gli operai sono bambini?
Allora perché non funzionano questi mezzi di precisione a vantaggio dell’umanità.
Forse era questo che Orwell voleva dirci. Imparate ad usare il mezzo tecnologico,
che è essenzialmente stupido, a favore dell’intelligenza e a tutela
dell’umanità. Cosa che noi, ancora oggi, non facciamo. Forse perché
temiamo il mezzo che può essere nostro nemico e nostro amico a seconda
di come lo utilizziamo.
Targhiamo
tutto quello che acquistiamo con le indicazioni di qualità del prodotto:
lana, seta, oro puro, acciaio, giocattoli anallergici, scarpe di vera pelle,
vino doc, monili e mobili. Dimentichiamo però di contrassegnare nelle
etichette o nei codici a barre, l’elemento sostanziale che indica la autentica
alta qualità dell’oggetto in vendita. A che serve sapere che il
golfino è di lana merinos o di seta cinese se non esiste la sua autentificazione
di “prodotto etico”. Manca il valore concreto, se non c’è
una targhetta dov’è precisato: “Il prodotto è garantito
per la sua alta qualità umana. Nessun bambino ha lavorato nella catena
produttiva: fabbricazione, imballo, distribuzione e vendita sono realizzate
con l’esclusivo impiego di persone adulte”.”.
Quanti di voi sono disposti a pagare gli oggetti un po’ in più
per ottenere questa certezza?