LE PROTESTE, LE OCCUPAZIONI DELLE FABBRICHE PER SALVARE IL PAESE
Naomi Klein, icona no global annuncia “The Take”, documento sulle rivolte operaie argentine
"Prendere
quello che non ci hanno dato"; è in queste parole che è
racchiuso il pensiero di "The Take", film documentario che Naomi
Klein, giornalista, scrittrice e icona del movimento no global, ha girato
assieme al marito Avi Lewis, anch'egli giornalista, sulle fabbriche argentine
occupate dopo la crisi del 2001, l'anno della bancarotta e sulle rivolte del
paese di Menem.
Prendere quello che agli operai argentini è stato tolto, attraverso
proteste e occupazioni; solo in questo modo, secondo la Klein, l'Argentina
ha saputo tracciare le basi per una sua salvezza.
Sulla scia del film di genere, anche "The Take" non lascia spazio
ai fronzoli; esplicite le immagini dei camion delle banche che, come carri
armati, conducono attraverso le strade di Buenos Aires i risparmi della gente
al di fuori del paese; come quelle dei numerosi cittadini, uomini e donne,
che sferrano pugni ed urla sui mezzi blindati e cancelli delle banche che,
spoglie, chiudono i battenti. Sono questi gli argentini che, in un sol colpo,
depredati di risparmi e lavoro, la Klein racconta.
"Occupare, resistere, produrre": lo slogan che fa da sottotitolo
a "The Take" è partito, ribadisce la Klein, proprio dal popolo
argentino, che s'è prodigato di opporre alla crisi la propria "rivolta
pacifica".
"Quando gli operai argentini occuparono le fabbriche chiuse, riattivando
da soli il ciclo produttivo, io e mio marito abbiamo pensato di volerlo fare
conoscere al mondo", ha spiegato la Klein. "Siamo arrivati otto
mesi dopo la crisi e ci siamo rimasti per sei settimane. La situazione era
disperata e incoraggiante, eravamo stupiti dalla capacità di reazione
che avevano avuto gli operai. Molto più efficaci di quanto non lo fossero
stati i padroni delle fabbriche o lo stesso Menem che aveva privatizzato tutto",
ha aggiunto la giornalista.
Ma come è possibile una società di operai-imprenditori? La Klein
ha le idee chiare, al riguardo: “La differenza si può riassumere
nel mate, una bevanda tradizionale del Sud America dal grande contenuto energetico.
Utile per la produttività perché tiene svegli, era ben vista
dagli imprenditori solo se bevuta in solitudine. In gruppo cambiava veste
diventando immediatamente sovversiva, una minaccia"
Tanto è vero che, aggiunge la Klein "per gli operai della Bruckman
- una delle fabbriche laddove sono state girate delle scene - c'era il divieto
assoluto di berla insieme, anche nelle pause lavorative. Il lavoro era diventato
uno strumento per distruggere la connessione sociale".
E per la scrittrice il "mate" rappresenta un po’ il simbolo
della rinascita operaia; proprio attraverso un'ampia cooperazione i lavoratori
hanno messo in piedi una struttura di interdipendenza nella quale ogni singolo
operaio offriva le proprie attitudini professionali a beneficio della comunità
lavorativa, all'interno della quale, pur sotto la forma di una rischiosa occupazione,
la produttività ha iniziato a decollare tramite un sistema di auto
assegnazione dei salari, sottraendoli ai guadagni d’impresa e agli utili
da reinvestire nella fabbrica.
Ovvero, spezzando la catena dell'appropriazione individualistica con cui i
precedenti titolari, coperti da un mostruoso indebitamento avallato dal governo
centrale, aveva ridotto al collasso il sistema produttivo argentino.
"La Zanon, una azienda di ceramiche occupata e rientrata in produzione
grazie alla gestione operaia, adesso dona le sue ceramiche agli ospedali,
e lo può fare senza andarci in perdita", ha spiegato Naomi Klein.
La quale ha rafforzato il tutto, allorché le è stato chiesto
di spiegare come gli operai hanno saputo fronteggiare le reazioni delle forze
dell'ordine chiamate a raccolta dai legittimi proprietari sollevati dalle
aziende in stato di occupazione: "La comunità ha fatto quadrato.
Mentre un nugolo di donne accerchiava gli agenti – ha aggiunto la Klein
–gli operai della Zanon hanno cominciato a lanciare delle palle di ceramica
con le fionde sulla polizia, usando una parte del processo produttivo per
combattere il tentativo di sgombero".
Questo, come il "mate", sembrerebbe il simbolo della riscossa operaia,
con la quale la Klein ha avuto tempo e modo di allacciare le fila del suo
lavoro "The Take", che adesso si appresta a candidarsi come uno
dei più veritieri affreschi di una delle pagine più oscure dell'intera
storia dell'Argentina; ma, forse, anche una delle più allegoriche,
con tutta la sua carica di una rifiorita proposta operaia, che secondo la
Klein potrebbe seriamente assurgersi l'onere di palesarsi come esempio per
un "mondo nuovo".
D.S.