L'ONORE DI UN ITALIANO

Adesso vi faccio vedere come muore un italiano

Come sono gli ultimi secondi, prima di morire? Che cosa passa nella mente di un uomo spietatamente costretto a vivere gli attimi estremi, senza più illusioni, certo del momento esatto in cui verrà ucciso?
Molti di noi non possono saperlo, perché, fortunatamente, la vita e la morte sono come il rosso e il nero di una roulette. C’è chi vince, c’è chi perde.
Ma, qualche volta, qualcuno riesce ad avere la possibilità di sapere qual è il colore che sta per uscire; e che, purtroppo, non è quello su cui aveva puntato tutto, compresa la vita.
Uno di questi è Fabrizio Quattrocchi, un genovese di 36anni, un ex panettiere, peraltro allergico alla farina, animato da due grandi passioni: una, molto più materiale, per le arti marziali; l’altra, più alta e spirituale, per la famiglia, e l’amore in generale.
Quattrocchi era addestrato, ma non certo per missioni di “pace belligerante” all’estero. Era partito dall’Italia con propositi dell’uomo comune: costruirsi altrove le basi per una futura vita felice. Come un emigrante in cerca di un Eldorado.
Ma in quell’Iraq martoriato da un conflitto che sembra non avviarsi mai ad una vera fine, Fabrizio ha trovato la morte, brutale, cruda, ma eroica e connotata di un forza d'animo cui non siamo più abituati.
Rapito insieme agli altri tre italiani, è stato giustiziato con un colpo alla nuca inferto dai sequestratori, appartenenti all’oscura banda delle Falangi Verdi di Maometto.
E ora che la richiesta di ritiro delle truppe italiane, inviate alla tv di “Al Jazeera”, fa temere per la vita degli altri tre prigionieri superstiti, non ci resta che sperare in una possibile soluzione e ripensare al lutto che ci coinvolge tutti, per quell’uomo che aveva osato andare in un buco di inferno per costruirsi una vita prima che qualcun altro nell’ombra gli preparasse la morte.
L'esecuzione di Quattrocchi sarebbe avvenuta in seguito al rifiuto del premier Berlusconi di ritirare le truppe dall'Iraq: in effetti, i killer delle “Falangi verdi di Maometto” si sono rivolti, tramite Al Jazeera, al “popolo italiano” dichiarando di avere ucciso l'ostaggio proprio “a causa delle dichiarazioni di Berlusconi”.
Nel breve comunicato con cui un’annunciatrice della tv araba ha diffuso la notizia si precisa, inoltre, che l’esecuzione ha il suo presupposto nel voler “dare una lezione agli altri”. Si aggiunge anche che i sequestratori sanno che i quattro ostaggi italiani erano “guardie del corpo che lavoravano per conto degli americani”, e che la video-registrazione dell’assassinio è talmente cruenta che “ non la manderemo in onda”.
Una fine orribile. Si è poi giunti a conoscere alcuni particolari del truce delitto. Secondo un cronista della tv americana “Fox”, il video censurato mostrerebbe Fabrizio Quattrocchi a capo coperto, nel momento dell’uccisione, effettuata con un colpo di arma da fuoco sulla nuca. La scelta dell’italiano da trucidare, tra i quattro, sarebbe avvenuta a caso.
Il caso ha voluto che Fabrizio Quattrocchi divenisse un eroe. Pochi istanti prima di morire, infatti, ha detto: “Adesso vi faccio vedere come muore un italiano”.
Ultime parole di addio; dell’addio di un uomo che ha saputo morire con coraggio, dignità, onore.
“Fabrizio ha fatto un normalissimo servizio militare in fanteria, con il grado di caporale maggiore, a Como- ha detto Davide Quattrocchi, fratello della vittima - Non ha mai partecipato a missioni all' estero. Una volta congedatosi ha continuato a lavorare nel panificio di nostro padre, continuando a coltivare la sua passione sportiva delle arti marziali. Quando nel 2000 abbiamo ceduto il forno, ha scelto di lavorare saltuariamente nella sicurezza anche a causa della sua allergia alla farina. Poi è diventato un lavoro vero e proprio”.
“Ha seguito dei corsi di addestramento specifici – ha aggiunto la fidanzata Alice – e si è preparato con scrupolo cominciando a collaborare con agenzie specializzate a Genova come addetto alla sicurezza nei locali notturni o come guardia del corpo. Ma sempre con grande rettitudine e con la bontà che lo contraddistingueva. Non ha mai picchiato nessuno, anzi è sempre intervenuto per dividere le persone. A lui, così grande e grosso, non è mai piaciuto fare a botte”.
Fabrizio era stato contattato ai primi di dicembre per questo lavoro in Iraq che aveva accettato per le buone prospettive di guadagno. Amava il suo lavoro, tengono a precisare i parenti, specialmente perché contava di sistemarsi, di comprarsi una casa e di mettere su famiglia.
Non era partito per spirito di avventura. Aveva ipotizzato di rimanere in Iraq solo per un mese, un mese e mezzo. Magari, come aveva lasciato intendere ai suoi, in quel di dicembre la situazione irachena non era così brutta come lo è diventata attualmente. Poi, però, la missione si è protratta.
“Si è forse trovato in una situazione più grossa di lui”, si lascia sfuggire Davide. Ci sarà capitato; sarà stato il destino; qualcuno potrebbe addirittura dire che Fabrizio Quattrocchi se l’è andata a cercare. Ma in quell’Iraq di agguati ed eccidi Fabrizio cercava un avvenire migliore. E per lui quella potrebbe essere stata un’unica occasione di lavoro da non perdere. Potendo scegliere forse non sarebbe diventato un eroe. Un eroe per caso.
Quando gli assassini gli stavano puntando la pistola contro, Fabrizio ha cercato di togliersi il cappuccio e ha gridato: “adesso vi faccio vedere come muore un italiano”.
Frase e gesto consolatorio, per noi che non lo conoscevamo, e per i suoi parenti. Per Alice, la sua fidanzata che avrebbe preferito avere accanto a sé un marito, piuttosto che un eroe scomparso.

D.S.