PROVE DI ESISTENZA

Immagini e rappresentazioni per vincere la paura del buio che abbiamo dentro

di Wanda Montanelli

La stanza dove una telecamera ci porti fuori dal nulla. Il posto delle riprese, il luogo in cui apparire per sentirsi vivi è quello che ci manca di più. La religione in cui la maggioranza delle persone ormai crede è questa. L’immortalità dell’anima, sì va bene, potrebbe anche tornare comoda, ma oggi premono esigenze di dare una motivazione alla nostra esistenza di tipo diverso. All’origine di tutto c’è il bisogno di conferme. Noi siamo se ci rappresentano. E’ perciò necessario documentare questa nostra presenza al mondo da apparizioni in tv, o partecipazioni a film. Poteva andar bene un tempo, per ottenere conforto e certezze, un certificato di nascita, o di “esistenza in vita”. Oggi no. Del cartaceo attestato anagrafico non sappiamo che farcene. Serve altro. In tempi in cui la fenomenologia della tonsilla o la messa a fuoco di oscene linguacce pubblicitarie sembrano avere priorità su tutta una scala di interessi e valori ormai desueti, risulta incombente l’obbligo di farsi riprendere. A tutti i costi.
Non è vero che ci manca il senso dell’ultraterreno. Anzi. Se l’Occidente ha perso molto in questo campo, ha guadagnato in un settore simile, seppure inferiore. La religione teneva a bada i nostri istinti, reggeva i freni inibitori con comandamenti e virtù teologali. Poi un progressivo bisogno di liberazione ci ha indotti a buttare tutto alle ortiche per cancellare il senso del peccato, per vivere godendocela al meglio. Cogliendo istante per istante i frutti del nostro egoismo e il sapore “dell’attimo fuggente”.
Ma l’insoddisfazione è prerogativa umana. La domanda “che cosa sto costruendo nella mia vita” prima o poi affiora anche nel più superficiale degli individui. Dopo di me il nulla, non piace alla gente. In fondo siamo davvero convinti che ogni persona è originale, unica e insostituibile. Questo necessita di convalide. Lo affermano articoli di fede e asserzioni filosofiche rimaste attaccate al barlume di lucidità che resta anche durante l’intontimento da abbuffate di spot pubblicitari.
Ci serve, ci manca un segno del nostro passaggio sulla terra. Quando non ci saremo più chi testimonierà che siamo vissuti, come eravamo e cosa abbiamo fatto? Scrivere un libro, dipingere un quadro? Difficile riuscire a farlo in tempi compatibili con l’ampio programma quotidiano. Rinunciare alla palestra o alla serata in discoteca appare impossibile. Poi ormai a nessuno interessa la gloria post mortem toccata a Ligabue. E’meglio tastare subito con mano il riflesso della nostra gloria negli occhi di amici e conoscenti, lo stupore di vederci in passaggi tv, o in un’intervista fuori dall’ufficio. Ecco il momento di gloria immortalato per sempre dalla riproduzione in videocassetta che conserveremo tra i cimeli della famiglia.
Le code per partecipare alla selezione delle veline, o a quelle di uno dei tanti reality show sono chilometriche. Essere scelti è come vincere una medaglia olimpionica, forse anche di più. Si diventa mitici per i compagni e subito ricercati per organizzare serate in pizzeria. Cosa vado a dire se mi riprendono, pochi se lo chiedono. Il messaggio siamo noi stessi. La dimostrazione della nostra esistenza in vita che vale in quanto è rappresentata da una tv anche locale, purché la cerchia dei nostri conoscenti ne sia consapevole. E’ questo oggi il successo. E’ una gloria di condominio, ma e pur sempre un momento di fama. I napoletani, anticipatori da sempre di usi, costumi e debolezze umane, hanno da oltre vent’anni inventato la fama del cantante di quartiere. Artisti di discusso successo sono portati alle stelle dai fan del palazzo in cui abitano, portiere compreso, e lavorano tutto l’anno cantando in battesimi, matrimoni e feste di laurea delle famiglie che abitano nella stessa scala. Talvolta la fama va oltre confine e allora si propaga al numero civico del palazzo adiacente, ma questo costituisce un pericolo perché quasi sempre lì c’è già un altro cantante quotato in zona che non ama avere rivali e mette in atto ritorsioni contro l’avversario. Così manifesti giganti dell’artista dirimpettaio sono incollati nottetempo nell’androne del cantante avversario. Questo suscita spesso l’emersione di fenomeni di sostegno spinto, come adunanze sediziose nella piazza sotto casa, claque pilotata quanto il beniamino esce di casa, richieste di autografi e svenimenti quando lo stesso da’ dimostrazioni della sua incontestabile arte di cantante alle cresime.
Se ogni tanto si riesce ad avere una ripresa con intervista da radio Mergellina, o da una delle innumerevoli tv private allora si tocca il top. E’ l’assicurazione che davvero il cielo si apre per i personaggi del rione. Se ne parla e se ne discute nella pasticceria dell’angolo e nelle cucine di case private.
Non so quanti, oltre alle feste della fresella, sperino in un successo ad ampio raggio, come quello di Gigi D’Alessio o Massimo Ranieri. Forse come sogno impossibile questi artisti aprono le loro speranze alla partecipazione al festival di Saneremo o ad un contratto con le major della discografia. Credo però che il passaggio a Forcella-television sia per loro sufficiente a cambiare il vuoto dell’esistenza in trionfo. A farsi conoscere e riconoscere nel vicolo.
Bisogna però aggiungere che il più delle volte la ricerca di tale tipo di successo, nel sud d’Italia, è strettamente legata alla necessità di trovarsi un lavoro. Inventato, precario, ma pur sempre un modo per portare a casa la pagnotta. Non so quanti potendo scegliere farebbero altro nella vita.
Il punto è, come spiegato all’inizio, nella ricerca della gloria, effimera, in chi può scegliere di interessarsi di altro ma non lo fa. Nell’uso dilagante di cercare un modo facile per uscire dall’anonimato. Senza troppo impegno. Con un piccolo investimento temporale per darsi l’illusione di sopravvivere. La paura della morte si vince anche così. A Napoli come altrove. Le domande per partecipare al grande fratello sono destinate ad aumentare.