LOTTA AL LAVORO MINORILE:
SCUOLA ED ECONOMIA LEGALE LE STRADE PER VINCERE

“Gli Stati riconoscono il diritto di ogni bambino ad essere protetto contro lo sfruttamento economico e a non essere costretto ad alcun lavoro che comporti rischi o sia suscettibile di porre a repentaglio la sua educazione o di nuocere alla sua salute o al suo sviluppo fisico, mentale, spirituale, morale o sociale.”; a sancire tutto questo, è l’articolo 32 della Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia. Eppure, oggi, nel ventunesimo secolo, nel Mondo quasi 200 milioni di bambini sono costretti al lavoro minorile; niente scuola, o gioco, o sogni, per loro; bensì miniere, campi, discariche e fabbriche, dove farsi spezzare l’infanzia, e la schiena, per racimolare qualcosa che, in ogni caso, non li aiuterà molto a sopravvivere al più atroce dei cancri dell’era del globalismo: la povertà. Nessuna retorica: povertà e lavoro minorile convivono a braccio, moltiplicandosi alle spalle di piccoli fabbricanti di tappeti, o di palloni, vittime di uno sfruttamento che alberga in economie occultabili: agricoltura. Lì, dove i diritti umani vengono negati, e le assistenze sono scarse o inesistenti, una cappa d’ignoranza distrugge il futuro e il presente di bambini, il cui unico errore sembrerebbe quello di esser nati nella parte sbagliata del Mondo.
Secondo Human Rights Watch, che ha redatto un rapporto sul traffico di bambini in Togo, i governi dell'Africa Occidentale non starebbero prendendo alcun provvedimento per combattere il lavoro minorile, sempre più connesso alla piaga dell’AIDS. H.R. Watch ha accertato casi di bambini di 3 anni costretti a lavori domestici, o agricoli.
Esistono però altri crude forme di indigenza connessa alla povertà e all’infanzia: condizioni di trasporto pessime, con navi troppo affollate, senza bagni, né decenti condizioni igieniche, schiavitù, coercizioni fisiche. Moltissimi i trafficanti che adescano i bambini con la promessa di un'istruzione o di un futuro inquadramento professionale: la prassi è far riferimento ad orfani, o figli di genitori sieropositivi, o colpiti a morte da virus non debellabili senza programmi di prevenzione immunitaria, o da pallottole vaganti. Nelle numerose aree fragili, a rischio guerriglia, abbandonati ad un inesistente destino, i bambini prendono così la via del lavoro, e dello sfruttamento; ben consci di non avere alternative.
Se lo scandalo del problema del lavoro minorile nell'Africa Occidentale è venuto fuori nel 2002 alla notizia che metà del cioccolato prodotto negli USA era legato ai chicchi di cacao coltivati da lavoratori minorenni in Costa D'Avorio, lo sfruttamento dei minori riguarda, tuttavia, numerose altre aree geografiche: Asia meridionale, Sud America, estremo Oriente, paesi slavi; dove i governi non fanno abbastanza per fermarlo. Ma non solo. La povertà, come una macchia d’olio, rischia di toccare fin troppo anche il cosiddetto mondo sviluppato, portando la pratica dell’utilizzo del lavoro minorile ad un preoccupante inasprimento: in Italia, ad esempio si parla di 500.000 bambini coinvolti. Quale può essere la risposta a tutto questo?
Un segnale può essere il messaggio di Carlo Azeglio Ciampi diffuso dal Quirinale in occasione della Giornata Mondiale del Commercio Equo e Solidale – che si è svolta lo scorso 14 maggio in tutte le città italiane – che, per il Presidente della Repubblica rappresenta “, un mezzo efficace che sollecita la ricerca di nuovi modelli di sviluppo nel rispetto e nella valorizzazione della persona umana contro lo sfruttamento dell'infanzia".
Le parole di Ciampi arrivano a soli tre giorni dal lancio nazionale della Campagna contro lo sfruttamento minorile "Difendiamo i loro diritti" (promossa da Assobotteghe e sostenuta da realtà come Rete Lilliput, Agices, Italia Nats, Mani Tese, Ctm, Transfair, Commercio Alternativo) volta a sensibilizzare i consumatori verso prodotti che scoraggiano il lavoro dei bambini.
Sarebbero 180 milioni, secondo i dati dell'ILO (Organizzazione Mondiale del Lavoro), i bambini che in tutto il mondo lavorano in condizioni estremamente pericolose per la salute, l'educazione, lo sviluppo personale e sociale; e circa 8,4 milioni i bambini vittime di violenze, prostituzione, attività illecite.
La principale ragione dello sfruttamento dei bambini, la povertà, potrebbe davvero, con un commercio equo, produrre un miglior tenore di vita ed un sistema produttivo meno svantaggioso nel Sud del Mondo, al fine da favorire un rilancio economico scevro da artifici immorali ed illegali? Se ne discuterà dal 3 al 5 Giugno prossimi, alla Fiera nazionale del commercio equo e solidale organizzata da Assobotteghe e arrivata all'11ma edizione. Ma intanto, associazioni come l’UNICEF, che è in prima linea nella lotta al lavoro minorile, continueranno a coinvolgerci sull’argomento, promuovendo all’interno della società civile e delle istituzioni, linee operative di tutela di una merce rara: l’istruzione, che si trova al centro di numerose campagne d’informazione, miranti ad una piena valorizzazione del ruolo che la scuola può avere nei paesi del terzo mondo. Non basta che dal 1999, 132 Stati abbiano ratificato la Convenzione n. 182 dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro) sull’abolizione delle forme peggiori di sfruttamento economico dei minori: in attesa che l’economia cambi, il diritto allo studio è, forse, l’unico su cui può fondarsi l’auspicio che, ai bambini di oggi, sia concesso costruirsi la vita del domani.

G.S.