LA CAPACITA’ DI MERAVIGLIARSI
QUALITA’ PERDUTA DEL GIORNALISMO ITALIANO

Risultanze del XII Seminario Redattore Sociale di Capodarco di Fermo

di Wanda Montanelli

Il quadro disegnato non è dei più entusiasmanti. L’azione si infiacchisce tra la lettura dei lanci d’agenzia e le ricerche telematiche di statici redattori incollati al desk. L’immobilismo e il deserto della meraviglia sono i due caratteri che contraddistinguono il nuovo giornalismo senza sfide, privo di coraggio e di sorprese.
L’informazione italiana, osservata da studiosi e addetti ai lavori che hanno partecipato, il 5 dicembre, alla XII edizione del seminario Redattore sociale a Capodarco, risulta carente della qualità che muoveva i cronisti del passato spingendoli in luoghi impervi e situazioni difficili per la sete di conoscere e voglia di raccontare.
Nessuno oggi consuma le suole delle scarpe. L’usura semmai riguarda la vista per lo sguardo fisso alla luce del computer, dato che il giornalismo odierno le tenta tutte per stupire, ma è privo di vitalità e di capacità di meravigliarsi e meravigliare.
Deludente è il ritratto del quinto potere fatto dai numerosi relatori tra cui quello presentato da Francesco Zizola, fotografo e fotoreporter, che ha descritto il “deserto della meraviglia” dei grandi network televisivi guidati dalle influenti agenzie pubblicitarie. Zizola considera almeno altri due ostacoli all’esercizio della meraviglia: la tendenza a dare tutto per scontato e una mancanza cronica di tempo che appiattisce il giornalista sul presente. Da qui la fine del giornalismo d’inchiesta, quello vero e legato alla disponibilità di tempo e alla sete di conoscenza.
“La meraviglia - ha poi detto don Vinicio Albanesi, presidente della comunità di Capodarco, nelle Marche, che organizza il seminario sul giornalismo sociale - è la voglia di andare a cercare, di scoprire”. Il sacerdote ha anche indicato l’impalcatura di questo mondo sconosciuto che si regge su cinque variabili, le stesse su cui dovrà confrontarsi il nuovo welfare: le dicotomie che dividono ricchi e poveri, giovani e vecchi, sani e malati, istruiti e ignoranti, persone che vivono in compagnia e individui soli”.
“La meraviglia di cui si va in cerca - ha proseguito il sacerdote - è la disponibilità del cronista a farsi spiazzare dalla realtà. È l’arte di non sapere già tutto. Un elemento perturbante che deve suscitare domande. Dote sempre più difficile da esercitare in un panorama informativo standardizzato in cui cresce il numero dei lavoratori precari”.
Tra i tanti intervenuti Marino Sinibaldi, vicedirettore di Rai Radio Tre e conduttore di Fahreneit, ha spiegato che meraviglia è una parola piena di significati. “Un sostantivo che, come Spinosa affermava, può evocare allo stesso tempo stupore e stupidità”. Va quindi soppesata e valutata come qualità se spinge all’azione se si traduce in sorpresa, indignazione, capacità di montare in collera di fronte alla realtà.
Raccontare le notizie con onestà e completezza e con il coraggio di meravigliarsi è la prima funzione di un vero giornalista secondo Antonio Di Bella, direttore del Tg3, che ha raccontato alla platea interessata la reale meraviglia “e la commozione che animò Giovanna Botteri, da Baghdad, nel vedere gli irakeni sfidare le bombe e mettersi in fila per votare, e poi l’indignazione della Cuffaro, inviata in Venezuela, che non trovò il paradiso egualitarista che si sarebbe aspettata e parlò di gravi violazioni alla libertà di espressione”.
“Anche quando questo significa osare di più e sparigliare le carte lo sforzo della testata che dirigo sta nel parlare delle persone in carne e ossa - ha aggiunto Di Bella - precisando che il tg3 nelle sue principali edizioni dedica ampio spazio ai temi del lavoro. Il fatto che una puntata di Primo Piano, dedicata ai metalmeccanici, abbia raggiunto il 10 per cento di share dimostra che è possibile fare trasmissioni di qualità e di ascolto anche su temi importanti troppo spesso dimenticati dalla grande informazione. Significa togliere al metalmeccanico la sua tuta blu, rendendo visibile tutta la complessità della sua vita messa a dura prova da ciò che sta vivendo”.
Uno degli aspetti indagati nel corso del workshop su “Ricchi/poveri”, promosso nell'ambito del seminario, ha messo a fuoco le disuguaglianze sociali che non riguardano solo l'aspetto economico, ma anche le opportunità di studio e di accesso alle nuove tecnologie di chi resta nella stessa posizione lavorativa per molto tempo, senza probabilità di miglioramenti significativi. Lo dicono i dati presentati dalla sociologa Nicoletta Bosco, docente all'Università di Torino, insieme a Salvatore Esposito (consigliere del Cnca e direttore del dipartimento welfare dell'Ires) e a Marco Reggio (responsabile dell'ufficio stampa delle Banche di Credito cooperativo), secondo cui “i vantaggi relativi ai ricchi aumentano in maniera evidentissima: infatti se nel 2002 - anno della crisi Fiat - la domanda di automobili “utilitarie” è scesa del 3%, quella di Maserati si è impennata del 31%, mentre la richiesta di Ferrari ha registrato un incremento del 15%. L'acquisto di imbarcazioni private di lusso è raddoppiato in 4 anni, raggiungendo un fatturato di quasi 500 milioni di euro, così come è cresciuto il mercato di oggetti d'arte e di antiquariato. Nello stesso anno, rispetto a un operaio, un amministratore delegato guadagnava 70 volte in più. Si tratta di pezzi della società che del peggioramento non hanno avuto alcun sentore”.
Marco Reggio ha posto anche in evidenza la necessità di andare a fondo nell’analisi delle fonti, riferendosi a bubbole consuete di questo governo come le entusiastiche affermazioni dell'aumento di posti di lavoro che, nel computo dei dati, corrispondono fino 4 contratti a tempo determinato che in un anno sono stati stipulati con la stessa persona. “Quindi non si tratta di 4 posti di lavoro, ma sempre dello stesso”.
Dal male al peggio è la situazione dei nuovi poveri presentata da Salvatore Esposito riferita alla Campania, dove “è raddoppiata la rigidità tra classi povere e ricche. Le prime - secondo il consigliere del Cnca che ha presentato uno spaccato del dramma del sud - non hanno più la speranza di collocarsi in una classe media e in questa situazione non si può pensare a una infrastrutturazione sociale in una logica di tappabuchi, ma ad un'azione sociale che preveda una riforma strutturale anche economicamente vantaggiosa, perché previene il disagio”.
Analisi, dati e informazioni tra la ricerca della verità e il pericolo della mistificazione e la falsa meraviglia. Rischio, quest’ultimo, spiegato da Mauro Covacich, scrittore e autore di reportage giornalistici, che ha chiarito l’avversione verso chi racconta un delitto dal punto di vista della pallottola per meravigliare il lettore, cedendo alla tentazione di voler stupire ad ogni costo, ma non lasciandosi meravigliare e indignare dalla realtà.