L’AMBIENTE COME OPPORTUNITA’ PER UN MONDO PIU’ GIUSTO
di Caterina Di Francesco
In cinese la
parola “crisi” viene resa mediante due ideogrammi: uno significa
pericolo, l’altro opportunità.
Fra le grandi questioni irrisolte che affliggono il nostro pianeta, quella
ambientale esemplifica in modo esauriente la gravità della situazione
in cui ci troviamo: il pericolo. Ci stiamo avvicinando al punto di non ritorno,
dopo il quale il mondo come lo conosciamo potrebbe cambiare in modo irreversibile.Il
pericolo a cui andiamo incontro, in massima parte come sonnambuli, per citare
George Monbiot, ambientalista inglese e articolista del Guardian, è
dovuto all’inquinamento, all’effetto serra, alla perdita di biodiversità
animale e vegetale.
L’inquinamento e l’effetto serra sono i prodotti perversi di un
sistema di vita iperconsumistico e della mancanza di regole stringenti per
chi utilizza i combustibili fossili (petrolio, gas naturale, carbone), dei
cui suddetti problemi essi sono responsabili.
L’inquinamento nei paesi e nelle zone industrializzate più densamente
popolate sta diventando la prima causa di morte, essendo ormai accertato in
campo scientifico che le sostanze inquinanti aumentano il tasso di mortalità.
L’effetto serra, cioè il riscaldamento del pianeta con il conseguente
aumento della temperatura media, sta già mietendo vittime. Indimenticabile
la distruzione di New Orleans del settembre 2005, in cui l’incuria dell’uomo
ha reso più gravi gli effetti devastanti dell’uragano. Ma non
possiamo dimenticare la siccità in Africa. Tutti eventi estremi che
colpiscono in modo più devastante i più poveri.
Ma inquinamento ed effetto serra sono i prodotti anche di una scarsa conversione
verso le fonti rinnovabili (sole, vento, piccolo idroelettrico, geotermia)
con le rare eccezioni di alcuni paesi del Nord Europa, soprattutto la Germania.
Il condizionamento delle compagnie petrolifere ha infatti rallentato la ricerca
sulle celle a combustibile e sui materiali per i pannelli solari fotovoltaici,
costringendoci ancora a ricorrere al motore a scoppio per le nostre automobili
e limitando lo sviluppo del fotovoltaico nella produzione di energia per gli
edifici pubblici e privati.
Il risultato sono città inquinate e dipendenza da paesi politicamente
instabili o sull’orlo del conflitto armato.
La perdita di biodiversità animale e vegetale ha diverse cause: lo
sfruttamento delle foreste per i parquets, i mobili, gli stuzzicadenti e la
carta, ma anche i prodotti chimici diffusi in tutto il pianeta, che attraverso
la catena alimentare sono arrivati in zone remote colpendo pesci, cetacei
e orsi polari.
Per tutti questi problemi esistono soluzioni già indicate da scienziati,
tecnici e associazioni ambientaliste. Tutte queste soluzioni possono trasformarsi
in opportunità per un diverso sviluppo dell’economia che sia
in armonia col pianeta e non provochi guerre, sempre più giocate sulla
pelle di civili inermi.
La responsabilità dei politici, che devono resistere alle pressioni
delle multinazionali, è preminente. Spesso si verifica, invece, che
chi ci amministra, dal livello internazionale a quello nazionale e locale,
difende gli interessi solo dei poteri economici. Mentre compito precipuo deve
essere la mediazione fra quelli e gli interessi dei cittadini, tenendo fermo
il principio di precauzione e la salvaguardia dell’ambiente e della
salute.
Ma anche le cittadine e i cittadini devono riprendere in mano i loro destini,
come dice padre Alex Zanotelli, che ha vissuto per vent’anni nel sud
del mondo nella baraccopoli di Korogocho di Nairobi, in Kenya, e che ha visto
con i suoi occhi cosa provoca l’imperialismo economico sui più
deboli. Oggi vive a Napoli, condividendo la vita dei quartieri problematici
della città e continua le sue lotte per i più deboli.
Ognuno, in pratica, deve prendersi la propria parte di responsabilità
per poter lasciare a chi verrà dopo di noi un pianeta ancora vivibile.