ALLARME
ECOLOGIA
Nicholas Stern: Cambio clima danneggia pure l’economia
I cambiamenti costano 5,5 trilioni di euro. Lo studio dell’ex dirigente della Banca Mondiale Nicholas Stern: «Calo del 20% del pil mondiale se non si affronterà il problema» |
I cambiamenti
del clima, con l'innalzamento generalizzato delle temperature medie, non sono
solo una minaccia all'ambiente, ma rappresentano anche un pericolo gravissimo
per l'economia mondiale: lo afferma un autorevole rapporto curato dall'economista
britannico Nicholas Stern, ex dirigente della Banca Mondiale, che per lo scenario
peggiore prevede un calo del 20% del prodotto economico mondiale a causa dei
mutamenti climatici. Un costo calcolato attorno ai 5,5 trilioni di euro, se
non si affronterà il problema in maniera risolutiva entro i prossimi
dieci anni. Il rapporto è stato anticipato dal domenicale The Observer.
Per la prima volta, un'analisi del “global warming” analizza le
conseguenze economiche dei cambiamenti: questo potrebbe influenzare più
di ogni considerazione ambientale le risposte di governi e industrie, in particolare
negli Usa - il paese che inquina di più al mondo - dove l'amministrazione
ha sempre respinto l'opinione prevalente tra gli scienziati sui cambiamenti
climatici.
Stern ha
studiato quali potrebbero essere le conseguenze dei cambiamenti climatici
sul pil mondiale da qui al 2100, concludendo che nella migliore delle ipotesi,
l'1% del prodotto economico mondiale andrà in spese volte a sanare
le conseguenze dei cambiamenti climatici. Lo studio – 700 pagine –
è stato commissionato dal governo britannico nel 2005, e lo stesso
esecutivo di Londra ritiene che le conclusioni preoccupanti della ricerca
rendano possibile far accettare all'opinione pubblica una serie di tasse 'ecologiche',
dagli aumenti delle accise sulla benzina, a tasse su chi viaggia in aereo,
già individuate dal ministro dell'Ambiente David Milliband. Ma quello
dell'aggravio fiscale per i contribuenti britannici sembra ben poca cosa,
a fronte di 200 milioni di possibili profughi, la maggiore migrazione della
storia moderna, causa distruzione di intere zone da parte di siccità
e alluvioni. Stern avverte che un nuovo trattato che seguirà Kyoto
dev'essere varato entro il prossimo anno, e non entro il 2010/11 come previsto,
se si vogliono tagliare drasticamente le emissioni dannose.
Lo studio
spiega che l'Europa dovrà estendere il sistema detto “cap and
trade”, nel quale le emissioni di anidride carbonica vengono fissate
a un certo tetto massimo: se un'azienda vuole inquinare di più deve
comprare questo diritto da industrie meno inquinanti, che non raggiungono
il tetto. Cosi, si auspica, le aziende accelereranno la ricerca di sistemi
di produzione meno inquinanti. Al tempo stesso, ai governi viene chiesto di
raddoppiare gli investimenti nella ricerca di fonti energetiche pulite. E
non servono - avverte Stern - misure unilaterali, ma serve un sforzo mondiale:
se la Gran Bretagna chiudesse tutte le sue centrali elettriche domani, ad
esempio, la riduzione di emissioni dannose verrebbe vanificata entro soli
13 mesi dalla crescita inquinante della Cina, che insieme all'India rappresenta
la sfida decisiva per la riduzione delle emissioni nel futuro immediato.
Le anticipazioni
del rapporto Stern coincidono con l'allarme lanciato da un altro studio sul
clima, “Up in Smoke 2”, fatto da un gruppo di Ong britanniche
- Oxfam, la New Economics Foundation e il Working Group on Climate Change
and Development, che raccoglie organizzazioni umanitarie ed ecologiste - per
il quale gli aiuti economici all'Africa vengono vanificati proprio dall'aggravarsi
delle conseguenze dell'effetto serra. L'aumento delle temperature medie -
3,5 gradi negli ultimi 20 anni in alcune zone - rende le zone aride sempre
più aride e quelle umide sempre più umide. Risultato: nella
sola Africa sub-sahariana, 25 milioni di persone hanno sofferto la fame lo
scorso anno.
30 ottobre 2006