LE NOSTRE ASSOLUTE INCERTEZZE
Leggi “forzate” dagli uomini di potere, dubbi sui mali del passato, bisogni creati per addormentare le coscienze

di Tania Esposito

Il crollo quotidiano delle convinzioni che confortano la nostra esistenza può indurci al pessimismo o all’elaborazione di nuovi assunti. La funzione consolatoria di queste modifiche alle nostre certezze è indubbiamente utile ad evitare lo scoramento, ma è necessario chiederci dove porta il modello autogestito delle regole e delle soluzioni.
Ogni giorno qualcosa si sfalda. Credevamo di possedere un importante patrimonio artistico e ci siamo accorti improvvisamente che non è nostro ma di chi ha abbastanza denaro per acquistarlo. Allora vorremmo prendercela con chi ci ha illuso fino a ieri, lasciandoci intendere che una quota di ogni edificio, opera d’arte, monumento italiano, appartenesse di diritto all’umanità e quindi anche a noi. L’amarezza ci pervade nel constatare che non è così. Detestavamo le razzie napoleoniche che ci hanno privato nel passato di beni inestimabili, ma questa modifica continua delle nostre precarie opinioni fa sì che oggi potremmo essere grati a chi ci ha derubato un tempo, perché grazie a questo possiamo andare al Louvre a vedere, ad esempio, La Gioconda di Leonardo. C’è il peggio di ogni cosa e adesso lo sappiamo.
Abbiamo esultato per la incostituzionalità del lodo Schifani stabilita dalla Corte costituzionale. Per la riprova che avevamo ragione a raccogliere le firme, a spendere la nostra torrida estate del 2003 con moduli, megafoni, estenuanti discussioni in piazza. Con noi hanno gioito milioni di persone perché finalmente si stabiliva, o almeno si riaffermava, una regola scritta nella nostra preziosa Costituzione: Tutti i cittadini sono uguali di fronte alla legge.
Ma l’ho appena detto. Non è così. Tutto è modificabile. Niente è assodato. Specie quando gli interessi in gioco sono così grandi e complessi da sfuggire alle regole. Il dispotismo di alcuni nostri governanti arriva fino al punto di voler mettere mano alla Costituzione per un fine privato. C’è più serietà in una partita a dama dove chi perde mette un punto e forse cerca di capire che mosse aveva sbagliato.
Si è invece codificato, in questi ultimi tempi, un sistema che nato dal delirio di onnipotenza dell’uomo che ci governa, ho scopo è di credere e far credere che niente è impossibile per chi ha tanto denaro.
Il profumo dei soldi, e dei suoi derivati: potere, controllo dei media, occupazione dei luoghi e delle coscienze, sembra destinato a soppiantare tutte le altre aspirazioni umane.
Noi adulti, vissuti in tempi più chiari, ricordiamo forse ancora il profumo dei mandarini nella calza della befana. I nostri bambini stanno crescendo sottoposti a subissanti messaggi che trasmettono falsi bisogni su cui si fonda il nuovo potere.
Il benessere economico. Il cammino condizionato verso la conquista dell’oggetto fisico: l’automobile, il telefonino ultimo modello, la camicia griffata. Contaminati da quotidiani spot creatori di effimere esigenze, molti non hanno spazio per altri pensieri ed altri obiettivi. Come inebetiti lasciano che avvenga lo smantellamento dei valori preesistenti.
Abbiamo pochi veri maestri. L’altro giorno è scomparso Norberto Bobbio. Da lui abbiamo imparato. Poco purtroppo, ma siamo ancora in tempo a migliorare. I suoi libri Politica e cultura, La sinistra nell’era del karaoke, Né con Marx né contro Marx, e decine di altri, andrebbero riletti ogni tanto per trovare sollievo nei momenti di sconforto esistenziale.
Bobbio ha descritto il populismo berlusconiano giocato sulla telecrazia e sull’arbitrio. Ha criticato l’attuale fasulla democrazia giocata sulla disinvolta azione profanatoria nella costruzione di leggi e regole ad uso privato.
“L’asimmetria del potere rende irrealizzabile l’eguaglianza sociale”, ha scritto il maestro, riferendosi ad un’eguaglianza complessa che regola la libertà di ciascuno bilanciata con la libertà di tutti. Bobbio parla di un unico possibile futuro collettivo che tuttavia non sovrasta il diritto del singolo. La sua lezione è fondata sul metodo delle distinzioni rigorose. Su una vera democrazia incardinata su formalità rigorose con regole universali e procedurali. Ma non immodificabili quando il fine è democratico.
Fuori da organicità e fedeltà di partito, Bobbio invitava a leggere Marx come un “classico”, non come vademecum da seguire pedissequamente.
Lo scopo è di imparare a vivere.Valorizzare la propria individualità commisurandola alle esigenze altrui. E si impara a vivere approfondendo le nostre conoscenze. La cultura è necessariamente raffontata alla politica, per saldare quest’ultima alle sue responsabilità etiche.
In una società dove si glorifica questo o quel prodotto “sembra non esserci spazio per i valori tradizionali della sinistra” scriveva Bobbio collocando il male in una società “naturaliter” di destra che enfatizza valori contrapposti a quelli di sinistra. Colpa della televisione e di chi la domina. “Sono moderato in politica ma non sono moderato in morale” diceva Bobbio. Per chi oggi ha in mano le sorti del nostro paese è esattamente il contrario.