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FRANCESCO FA BENE ALL'ITALIA

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11. Ci piace Nanni Moretti

             18 marzo 2001

Siamo andati in cinque a vedere "La stanza del figlio" al cinema "Nuovo Sacher" a Trastevere. C'era un sacco di gente in fila. Abbiamo dovuto prendere i biglietti nel pomeriggio per lo spettacolo delle dieci e mezza di sera. All'uscita i nostri pareri erano contrastanti. Andavano da "film sopravvalutato dalla critica" di mio fratello, al "lentezza francese insopportabile"degli altri. Alcune scene a me sono sembrate belle. Specie quella dove in macchina cantano tutti e quattro, Nanni, con Laura Morante e i due figli. E' qualcosa di vicinissimo alla perfezione per quanto è "giocata" con semplicità; così naturale da apparire addirittura surreale, sognata.

"Non si può salvare un film solo per qualche scena - dice convinto Miki mio figlio piccolo- e aggiunge che a lui è piaciuta solo la parte dell'inizio, ironica, umoristica. Avrebbe dovuto continuare così  ancora a lungo - dice ancora - e far morire il ragazzo più tardi".

Sì, forse Miki ha ragione. Mi interessa il gusto critico dei suoi quattordici anni. Credo anch'io che sarebbe stato meglio evitare quella lunghissima fase del dolore recitata, non coinvolgente perché inaccettabile nell'esposizione dilatata. Da Nanni Moretti ci si aspetta una scrittura meno scontata dei dolori dell'esistenza. Più intensa ma emergente a tratti, magari in una frase; oppure ripiegata in azioni da comprendere con osservazione attenta. Specie se si vuol tradurre, come alcuni hanno fatto, in chiave psicanalitica e rappresentare quella morte come l'addio alla fase della giovinezza.

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12.
 Indro Montanelli: la coscienza dei ragazzi

  La stanza di Montanelli: risposta ad un lettore che chiede un parere sul delitto di Erica. Indro Montanelli scrive pochissimo, ma il suo poco vale molto di più dei fiumi di parole sprecati in questi giorni:

 

"A quei ragazzi nessuno aveva insegnato a distinguere il bene dal male  Non accuso i genitori: magari ci avevano provato. Di sicuro, tuttavia, non sono riusciti a costruire la coscienza dei loro figli. La coscienza non impedisce il male, ma tenta di resistergli perché lo riconosce. La coscienza ci accompagna, ci segue, suona un campanello d'allarme anche quando fingiamo di non sentirla. Ma bisogna avercela. "Costruire la coscienza": non avevo mai usato prima d'ora questa espressione, ma mi sembra adeguata. E' un compito magnifico e gravoso, che spetta a genitori, insegnanti e educatori (basta un allenatore o un capo scout, talvolta). Ripeto, non sto dicendo che quei disgraziati genitori di Novi Ligure non ci abbiano provato. Di certo, hanno fallito. Quelle erano anime vuote. E questo è orrore che va ad aggiungersi all'orrore, e rende banali le nostre parole".

   (La stanza di Montanelli di venerdì 16 marzo, Corriere della Sera)

 

Montanelli ha trovato le parole giuste per mettere a fuoco un problema che prima o poi tutti i genitori o gli educatori si trovano a dover affrontare. Chissà se leggere qualche libro in più può aiutare a comprendere meglio l'importanza che le nostre azioni hanno quando il futuro nostro e dei nostri figli dipende in gran parte anche da noi. Colette Dowling ne "La sindrome di Biancaneve" (autrice anche del best seller mondiale "Il Complesso di Cenerentola") spiega cosa spinge una giovane ragazza, una figlia, a farsi del male nella ricerca del suo io. Un testo scritto "contro la presenza ossessiva della madre, per la conquista di una maturità felice ed equilibrata"; un lavoro interessante che vede le madri come "regine" per i loro figli piccoli che hanno bisogno di idealizzarle. In un rapporto normale, crescendo, si supera questo bisogno, però in alcuni casi, la madre che si interiorizza come "grande" , come Regina con la iniziale maiuscola deruba sua figlia della possibilità di sviluppare un suo io. Il problema è complesso e non si può certo sintetizzare. Una cosa è però certa, la bambina che ha ucciso la madre e il fratello non ha alcuna stima di se stessa. E' vuota di contenuti, vuota di amor proprio, vuota di principi.

Un'altro aspetto mi pare giusto sottolineare. Non credo che si possa con i nostri discorsi limitare la responsabilità su quello che quei ragazzi hanno compiuto. Non si può renderli liberi come se nulla fosse accaduto. La nostra società, deve, per essere sana, stabilire dei confini oltre i quali non si può giungere impunemente. Perciò i casi sono due. O i ragazzi non sono in grado di intendere e di volere e conseguentemente vanno curati in luogo adatto dove sia impedito loro di nuocere a se stessi e agli altri, oppure sono in grado di capire. Forse hanno agito sotto l'effetto di droghe devastanti, e questo lo spero fortemente per dare un nome alla efferatezza e alla ferocia. Però, droga o non droga. Noi società dobbiamo porre l'alt, e usare fermezza nel giudicare e giustamente attribuire una giusta pena a chi ha sbagliato. Perché, occorre capire, questi ed altri autori di delitti disumani e brutali, o non sono in grado di intendere e vanno curati e controllati, o intendono e non gliene importa nulla. E' necessario in entrambi i casi impedire che ripetano le manifestazioni della loro indifferenza verso la sofferenza degli altri.

Anche e soprattutto nel caso che si siano resi conto della crudeltà, della cattiveria che hanno in corpo; se si sono pentiti ed intendono porre rimedio. Sono convinta che l'unico modo per rimediare nei confronti delle persone uccise o offese, nei confronti della società incredula e impaurita, soprattutto nei confronti di se stessi è quello di espiare. Questo dovrebbe desiderare fortemente ogni persona che abbia veramente compreso il male arrecato. Espiare. E l'espiazione si affronta in un unico modo: la sofferenza. Anche quella della segregazione. In cella, con se stessi, il proprio rimorso, le notti insonni e qualche buon libro che dipana i nodi al cervello e inserisce gocce di umanità in quell'anima senza contenuti. E quanto più si comprende il male che si è compiuto, tanto più si ha il bisogno di espiare. Altro che partire per le isole Mauritius alla faccia dei corpi massacrati!

Qualche libro aiuta.

Occorre leggere. Nutrimento, pane della nostra formazione. Dire "siamo ciò che leggiamo" è esagerato, ma leggere ci permette di uscire da noi stessi per entrare nella mentalità, la cultura, la conoscenza degli altri. Orizzonti nuovi ci si prospettano, e viaggi verso luoghi, concetti, teorie a noi sconosciute.

L'amore aiuta. L'esempio aiuta. Gli incontri con persone sagge colmano i vuoti della nostra esistenza. Ma in mancanza d'altro un libro gratifica e risponde a qualche nostra domanda.

Di solito non ricordo dopo un certo tempo il nome dell'autore, o il titolo del libro letto. Dico " P. qualcosa M. qualcosa”, hanno scritto un bellissimo libro che si intitola “F. qualcosa". Il concetto, il messaggio del testo però non lo dimentico più. I nomi non li ricordo, a meno che non desideri accantonarli nella memoria per poi ricordare. Agisco come quando sul computer clicchiamo "salva con nome" per sapere dove andare a ripescare il file che ci interessa. Devo per forza "scegliere" di ricordare, se voglio ricordare, altrimenti rammento solo il concetto, il clima, del libro che ho letto. Come quando si butta un secchio d'acqua contro un muro. Sembra che il liquido vada tutto perso ricadendo a terra, invece parte è stata assorbita dalla porosità del muro.

12.1 Il delirio d’onnipotenza

Si chiama “U. qualcosa”, l'autrice del testo che mi è tornato in mente mentre scrivo. Il titolo lo ricordo perché è estremamente facile. Si chiama "Se mi vuoi bene dimmi di no". In cassapanca dove tengo parte dei miei libri personali per preservarli dall'umidità della mia casa, lo trovo: è Giuliana Ukmar. L'autrice è medico neuropsichiatra, psicoterapeuta della famiglia e della coppia. Coordina un'istituzione pubblica per la gestione dell'handicap infantile.

Il testo spiega in maniera esauriente cos'è il "delirio di onnipotenza" che danneggia alcuni bambini e impedisce loro di crescere. Molti sono gli esempi che la Ukmar porta a dimostrazione delle sue teorie. Narra la storia di suoi pazienti, che andati in cura ormai da adulti o adolescenti avevano trascorso l'infanzia durante la quale nessuno aveva messo freni al loro delirio di onnipotenza.

Riporto subito un passo interessante per introdurre l'argomento:

 

"Eh, già! L'angoscia! Ma perché stanno tanto male i bambini onnipotenti? Perché non si godono la loro parentela con Dio in beatitudine, ma sono invece sempre tesi,  sempre arrabbiati ed arrivano tanto spesso ad elaborare sintomi diversi che possono andare dall'enuresi all'accesso psicotico?".
Poi c'è un'altra pagina che è chiarissima:
"Immaginate di svegliarvi improvvisamente, una notte, e di trovarvi in piedi al centro di una stanza completamente buia. Avete gli occhi sbarrati, ma non riuscite a cogliere il benché minimo spiraglio di luce. Cosa fate? Ormai ho fatto questa domanda a moltissime persone e le risposte sono più o meno analoghe "Cercherei una porta" "Cerco una finestra" "L'interruttore della luce!". Tutti quindi, ovviamente, a passi incerti, con le mani protese davanti a noi ci metteremmo alla ricerca di un muro, sul quale  tutte queste cose sono abitualmente collocate
E se non lo trovassimo? Se le nostre mani continuassero a restare protese nel buio e i nostri piedi  ad avanzare senza  che nessun ostacolo ci desse modo  di stimolare il nostro  senso di orientamento e di sedare l'ansia,  che ormai comincerebbe a fare tremare le ginocchia e a rendere difficoltosa la respirazione?  Io credo che dopo un po' sarebbe il panico,  io credo che, abbandonata la prudenza, cominceremmo a correre in tutte le direzioni e forse anche a piangere, e forse ad urlare, invocando che quest'incubo tremendo avesse fine... Se siete riusciti ad entrare emotivamente in questo stato d'animo, potete capire perfettamente la situazione psicologica di un bambino che venga allevato senza regole, ossia senza scontrarsi mai con dei muri che gli permettano di costruirsi un adeguato senso di orientamento per muovrsi nella vita, potete capire la sua angoscia, la sua insaziabilità... Chiedere, chiedere, chiedere sempre di più. A volte chiedere le cose più strane, rappresenta,  per restare nell'esempio del sogno, il correre per trovare un muro di riferimento. E' paradossale, lo so, ma il bambino chiede per vedere quando, finalmente, riuscirà ad ottenere un "No!" Quello sarebbe il primo mattone del primo muro sul quale costruire la sua casa".

 

L'aspetto che più di tutti la Ukmar evidenza è quello del disagio che l'atteggiamento troppo permissivo dei genitori porta nella vita del bambini. Lo stesso Benjamin Spock ha ritenuto utile, pochi anni fa, precisare il suo pensiero, a suo dire travisato da gran parte di genitori degli anni Sessanta; permissivi fino al punto di farsi camminare addosso. La libertà di cui Spock diceva che i ragazzi hanno necessità è la libertà di espressione, l'incoraggiamento alle loro attitudini, non certamente la libertà di essere maleducati e passare la giornata davanti alla televisione a guardare film di violenza.

Anch'io penso che abbandonare i bambini per giornate intere in balìa di se stessi, concede una sola libertà:

quella dei genitori di alleggerire l'impegno di educatori. Diciamolo, è più obbligante giocare con loro, seguirli nei compiti o lasciarli "liberi" di stare per conto loro? E quando la baby sitter è bugiarda come la Televisione alla quale li affidiamo, quali possono essere i risultati?

"Cattiva maestra televisione", oltre che menzognera, la definisce Popper nel suo diffusissimo saggio dove intende mandare tutti i responsabili di programmazione tv a scuola di Comunicazione. Non ha torto. Troppo spesso la tv è l'unico "educatore" che hanno i bambini durante le molte ore di sovraesposizione ai programmi per bambini e per adulti.

Demonizzare il mezzo elettronico? No, perché non tutto è negativo. L'errore sta nel non capire che insieme al piacere di vedere un film o una pubblicità il bambino e poi l'adolescente devono sviluppare il senso critico. Sapere quando occorre distaccarsi dal messaggio magari sviluppando ironia e senso dell'humour.

Se il bambino ridendo afferma: "Non voglio questo tonno perché sicuramente non aveva la pinna blu", sarà perché la madre o il padre gli avranno detto, osservando la pubblicità: "Domani vado al negozio a comprare il tonno che questi pescatori hanno rifiutato. Chissà quanti tonni a buon mercato troveremo, dato che per uno con la pinna blu decine senza la pinna blu sono stati ributtati in mare!"

L'onnipotenza mi pare che mal si concili con l'umorismo. L'umorismo è l'intelligenza dei semplici. E il senso di onnipotenza di cui soffrono molti bambini che poi diventano adulti gli impedisce di godersi la vita e il poco o tanto che offre. Il guaio è che non tutti vanno in terapia dalla Ukmar o da altri bravi psicoterapeuti.

I loro capricci, accolti, misurano la debolezza degli educatori, padre o madre che siano. E quanto più il loro delirio aumenta tanto più i bambini sono spaventati perché si chiedono: "Se mio padre e mia madre mi temono al punto tale da concedermi ogni cosa. Se basta che io piagnucoli o strilli per avere tutto; se i mie genitori sono così deboli, a me chi mi difende dal mondo?"

 

La risposta di Montanelli che ho trascritto all'inizio, concorda con ciò che Giuliana Ukmar scrive a proposito del gran numero di adolescenti che negli ultimi anni uccide i genitori:


12.2  Nega i soldi al figlio - Uccisa a forbiciate

Quando comparvero i primi casi, ritagliai religiosamente gli articoli dei giornali e li misi da parte, sapevo che mi sarebbero potuti servire anche se non sapevo ancora a che cosa. Devono essere rimasti sotto qualche mucchio di carte sulla mia scrivania. Ormai ci ho rinunciato.
Il numero di adolescenti che negli ultimi sei anni ha ucciso più o meno ferocemente padri, madri, sorelle, vecchie zie o nonne è diventato impressionante (per restare solo all'interno della famiglia, perché altrimenti andrebbero aggiunti extracomunitari, fidanzatine non compiacenti o anche semplicemente non più innamorate, avversari sportivi, ecc.).
C'è qualcuno che potrebbe contestarmi con prove logiche, quando  affermo che questi fatti orribili derivano direttamente dalla mancata interiorizzazione del senso d'autorità, dalla mancata presenza di una figura portante e contenente nella primissima infanzia? Le cause scatenanti possono essere molteplici, spesso si tira in ballo anche la tossicodipendenza senza capire che è essa stessa un effetto. Non si diventa tossicodipendenti per caso. I disagi sociali, le cattive compagnie, la superficialità agiscono (quando ci sono) su di un terreno fertile dove il seme " droga" può attecchire anche spontaneamente. Quante volte troviamo infatti tossicodipendenti fra figli di famiglie benestanti, se non addirittura ricche, e scopriamo che le "cattive compagnie" sono solo gruppi di coetanei con la stessa disperata solitudine interiore.
Io so di non andare lontano quando affermo che a questi ragazzi nessuno ha mai insegnato che le cose possono andare, qualche volta, in modo diverso da come uno lo desidera, che i soldi non arrivano per magia, che a 28 anni vanno guadagnati con un lavoro, anche semplice se non c'è di meglio, che se non si può comprare la benzina si va a piedi e se non si può acquistare l'automobile ci sono le biciclette. Banale? Forse, ma non quanto potrebbe sembrare.
C'è di peggio".

Giuliana Ukmar, edizioni Franco Angeli/LE COMETE)

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13. La trasparenza di Rutelli.

E' la madre di Pietro Tricone docente universitario e scrittore di libri di testo che pubblica per Zanichelli. Fa parte del mio gruppo di Ostia. Partecipa ai dibattiti politici, alle cene elettorali. Ha le idee chiare. Viene sempre accompagnata da Renata Natali, un'altra deliziosa scrittrice col cuore da fanciulla. Credo che le due amiche abbiano intorno ai settant'anni e sono innamoratissime di Rutelli. Del Sindaco prima e adesso del candidato premier. Elencano tutte le opere che sono state fatte durante i sette anni della sua permanenza in Campidoglio. Lo definiscono con vocaboli che non sono originali, con lodi scontate di chi è mosso da un'ammirazione sconfinata. Le ascolto, mentre le loro asserzioni sono confutate una per una da dei nostri vicini di tavolino, nel bar dove stiamo consumando un the. Sono due uomini e una donna, ammiratori di Berlusconi.
Dicono Renata e l'amica:

"Rutelli ha realizzato, da sindaco, 176 chilometri di ferrovia nuova e 4,5 chilometri di metropolitana con cinque stazioni nuove".

E gli oppositori  di rimando: "Le strade sono piene di buche!"

Riprendono a dire, leggendo i dati da un volantino, che il numero degli omicidi a Roma è sceso del 35,5% e i furti diminuiti del 21,3%. I berlusconiani negano che i dati siano esatti affermando che ci sono chissà quali trucchi nella rilevazione. Timidamente le due amiche fanno presente che per la prima volta si è visto a Roma, durante il governo Rutelli il sistema dell'orologio che segnava il tempo della fine dei lavori. Gli altri obiettano che però Rutelli non ama le periferie.

“Ma se ha costruito 130 piazze in periferia!”  rispondono.

"Cara Renata e cara Luisa - dico alle due tenerissime fan di Francesco - non ci sono elogi che non siano subito ribaltabili dalla parte avversa. Avete detto che Rutelli è elegante, che è bello, che è bravo, che è ambientalista, che è rispettoso dell'opinione degli altri, che è democratico, semplice, alla mano. Sono tutte parole che si possono controbattere con un'unica affermazione. Se la è inventata Berlusconi ma la ripetono spesso i suoi seguaci:

"E' un uomo di facciata".  Questo dicono quando non hanno argomenti. Un uomo con la maschera, la personificazione di altre entità che lo muovono e se ne servono per governarlo una volta che dovesse diventare Premier".

"Com'è possibile?" mi domanda Renata sgomenta. Non è vero!

"E' però questo che direbbero, che dicono di lui. E si sono inventati questa trovata perché è suggestiva".

"Non c'è niente di più falso perché, perché... " dice Renata cercando una definizione che sgomberi il campo da quelle accuse che la preoccupano, "Non è vero che lui ha la maschera... perché, perché..."

"Perché Rutelli è trasparente!" conclude Luisa.

"Giusto, Rutelli è... trasparente!" conferma Renata con un lampo di gioia negli occhi.

"Trasparente? Dire che è trasparente può essere un'arma a doppio taglio", faccio presente. Poi ci ripenso. " Grande intuizione - dico loro - la trasparenza di Rutelli... Suo sommo difetto, sua grande virtù...". E spiego meglio il mio pensiero:

"Francesco Rutelli gioca a carte scoperte. Sappiamo tutti dove è diretto. Sanno tutti quali sono le sue ambizioni. La sua candidatura è un atto di coraggio in cui pochissimi credevano all'inizio, ma che via via che si procede inoltrandosi nella campagna elettorale molti cominciano ad appoggiare.

Salgono, pochi per volta, lentamente, ma salgono sul treno. Un mezzo, quello di Francesco, con tanti vagoni,  anche questi trasparenti. Ogni vagone è abitato da persone che apportano contributi alla riuscita del viaggio.

Vogliamo capire chi c'è sul treno ideale?

Stabiliamo prima che il mezzo diretto alla Presidenza del Consiglio è partito già qualche anno fa. Le persone vicine a Francesco sapevano da tempo di questa sua ambizione a governare l'Italia. Lui, molti lo hanno capito, non va pazzo per il denaro, le auto di lusso la vita da nababbo, il conto in banca. Francesco uscì un giorno degli anni Settanta dalla casa del padre architetto per dimostrare che nella vita doveva esperimentare aspetti dell'esistenza che lo interessavano di più di quelli del mondo della borghesia romana nella quale viveva.

Berlusconi afferma che Rutelli non ha mai lavorato. Non è vero. Probabilmente il Cavaliere ha una concezione del lavoro parziale, non conoscendo la capacità che hanno alcune persone di  lavorare annullandosi pur di raggiungere uno scopo vicino ai loro ideali. Spesso questa felice riuscita purtroppo non avviene e allora, talune persone, pur avendo lavorato tantissimo, sembra che non abbiano fatto nulla.

Bisogna scegliere quindi. Valutiamo la mole di lavoro che ognuno affronta basandoci sul conto in banca?

Non è un sistema valido. Bisognerebbe dimostrare che i minatori hanno investimenti e conti a dieci zeri.

Lavorare per il denaro è in fondo non troppo difficile. Io stessa ne ho esperienza e ho intravisto più occasioni nella vita per arricchirmi lavorando. Non ho scelto quella strada, non perché non mi piacesse lavorare, ma perché non capivo che soddisfazione avrei avuto ad ammazzarmi di lavoro per arricchirmi di denaro. Sono una dannata idealista. E' così. E taluni disprezzano le persone come me che apparentemente non ricavano un ragno dal buco. Persone che non lavorano? Niente affatto. Lavorano tre volte di più della media però non si arricchiscono di denaro. I soldi possono arrivare nella loro vita, e se arrivano vengono accolti con piacere e rispetto, intendiamoci; però non è per i biglietti di banca che molti si alzano la mattina.

Rutelli è una di queste persone


13.1  I segreti di Francesco

Lo sappiamo tutti. Lo sanno anche i bambini.

E' partito con l'incoraggiamento di chi era a lui più vicino da tempo.

La conferma del suo progetto l'ho avuta lo scorso anno. Rutelli offrì una cena sulla terrazza Caffarelli a tutti i candidati alla Regione Lazio. Ero tra le persone che avevano accettato una candidatura "di esperienza" come dico io. Naturalmente non ero stata eletta, però, il mese di lavoro per me stessa, sperimentando, questa volta, sistemi di comunicazione insoliti, mi è servito ad aggiungere preziose novità alle mie conoscenze sulla comunicazione.

Mi è costato un po' di soldi e tanta fatica. Non ne ho ricavato l'incarico istituzionale e questo era prevedibile; però ho accantonato i dati poiché come sempre, non butto via niente. E quel mese di campagna elettorale per me medesima l'ho riposto in un "file" del cervello che ho "salvato con nome" e che prima o poi andrò a recuperare perché mi tornerà utile.

Torniamo in terrazza. Che meraviglia! Non ci ero mai stata. Roma vista da lì è ancora più bella. Di sera poi. Tutte le luci della città con i monumenti illuminati e identificabili per il sapiente apporto di luci che ne delineano i contorni; e così le chiese e le cupole.

Francesco Rutelli passa tra i tavoli e saluta tutti. Stringe decine di mani. Conversa qui e là. C'è una elegantissima Carla Fracci,  Paolo Gentiloni, Alessandro Battisti con la segretaria Eleonora. Miriam, Raffaella e le altre segretarie del movimento. Poi Milana, Fellah, Gargano, Capponi, Ninci, Lobefaro, Guasco, Pantano, e tanti altri.

E' il mese di maggio 2000. Fa caldo e si sta bene lì all'aperto. Rutelli fa il giro dei saluti. "Ciao Premier". Lo saluta qualcuno. Lui l'osserva senza commentare il beneaugurante saluto.

"Ciao Sindaco" dico io come sempre faccio. Rutelli sorride.

"Perché gli hai detto Premier?" chiede la moglie di Donato Marzano. Costui è il presidente di un circolo dei Democratici in piazza Bologna.

"Perché, non si deve dire?"

"No. E' presto per divulgarlo", spiega Luciana, una stilista di moda che sta al nostro tavolo.

"Ma lo sanno tutti che vuol fare il premier! - Ripete Donato stizzito - che c'è di male?"

"Davvero?" Si informa Gabriele Pace, un giornalista di " Sette" che ogni volta che mi incontra vuol sapere da me qualche segreto sui Quiz televisivi.

"Non mi dire che non lo sapevi!" gli rispondo.

"La mia domanda - precisa Gabriele - voleva significare 'Lo sapete anche voi?' "

E' questa la trasparenza di Rutelli.

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14A cena, con Silvio o con Francesco?

Se dovessi scegliere di andare a cena fuori una sera tra Francesco Rutelli e Silvio Berlusconi sceglierei senza esitare il secondo.

Credo davvero che con Silvio Berlusconi potrei trascorrere una serata in allegria mangiando bene e divertendomi pure.

Dimmi come mangi e ti dirò chi sei. E Rutelli, almeno nelle cene ufficiali, mangia poco. E' parco. I cibi sono per lui, credo, un nutrimento e basta.

Non è uno che impazzisce per un piatto di bucatini all'amatriciana innaffiati da buon vino dei castelli. No. Lui mangia, discorre garbatamente, sorride e propone, organizza, ascolta, pensa al futuro dell'Italia. Pensa a cosa farà quando sarà Premier.

Talvolta cerco di immaginare come può essere Rutelli in privato. Perché io scrivo, scrivo, ma in privato non lo conosco. Intendo dire in casa, quando si infila le pantofole, siede in poltrona circondato dai figli e Barbara siede con lui a sorseggiare una tazza di caffè dopo cena. Credo che tutte le persone che devono scegliere un uomo a cui affidare le chiavi d'Italia dovrebbero poter, attraverso il buco della serratura, vedere come queste persone si comportano in casa con la famiglia.

"Papà stasera resti a casa con noi?" chiedono i due ragazzi col buon umore che la presenza del padre mette a due figli in crescita. Parlano del risultato dell'ultimo compito in classe, dei premi Oscar e delle ragazze. Di Julia Roberts che raggiante ritira la statuetta.

"Una ragazza intelligente e bella che è arrivata ad essere una stella tra le più pagate del mondo" dice il padre. Sono altre però le ragazze che interessano Francisco e Giorgio. Magari quelle con cui fanno i compiti i si scambiano e-mail.

"Come faccio papà a invitare Silvia al cinema?"

Lui dà loro i consigli che un padre non può far mancare. Magari parlano di ragazze un po' in disparte, di modo che Barbara non possa capire i loro segreti tra uomini.

Più tardi il discorso cade sui problemi politici e su cosa sta succedendo negli Stati Uniti.

"Ma tu al posto di Bush papà che faresti nei confronti della Cina?"

"Spero di non essere al suo posto - direbbe il papà - avendo egli vinto le elezioni con un voto così poco chiaro. Non potrei essere nei panni di George Bush perché prima di essere presidente degli Usa sarei stato ex governatore del Texas, con tutto quello che gli si può addebitare di negativo, iniziando dalla pena di morte. Ma ammettiamo pure che io fossi Bush. Credo che avrei fatto il possibile per non incorrere in un incidente diplomatico con la Cina e soprattutto, avendo promesso durante le elezioni una grande attenzione all'ambiente, mi sarei adeguato ai patti di Kyoto regolamentando le emissioni nocive delle fabbriche americane".

    "Leggi papà cosa scrive il giornaletto della scuola a proposito di Bush:

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14.1  "Cattivi Maestri"

Incidenti diplomatici, disinteresse per l'ambiente,
favori alle lobby: ecco George Bush
di Andrea Ciulu

(...) Bush aveva anche promesso grande attenzione verso l'ambiente (accidenti, dev'essere un deja vu...). Non so a quale pianeta si riferisse, dal momento che il signor presidente si  rifiuta di adeguarsi ai patti di Kyoto, e di regolamentare di conseguenza le emissioni nocive di molte fabbriche  americane. "Prima il progresso" – ha chiarito a Schroeder. Sarebbe stato interessante confrontarsi con gli altri 5.950.000.000 di persone che vivono sotto la sua stessa atmosfera (ho sottratto Bush, i suoi elettori,e i proprietari, e i proprietari delle grandi fabbriche che ne hanno sponsorizzato la campagna elettorale), prima di parlare. Evidentemente il progresso viene anche prima di noi. Il progresso statunitense, è ovvio.  Bush è un uomo forte, di quelli che fanno paura e spesso segnano la Storia con la loro potente mediocrità.Non è un genio della politica, né un visionario Illuminato; è l'esecutore delle più basse pulsioni della provincia americana. E questo è quantomeno inquietante, non solo per le conseguenze che potrebbe avere a livello mondiale, ma anche perché si dice che gli Stati Uniti sono il nostro modello, che ci precede di sei-sette anni nelle conquiste scientifiche,  economiche, sociali. Questa volta, però, abbiamo accelerato il passo: forse basterà un mese.

(Andrea Ciulu, "Garrulus", giornale autogestito del liceo classico Anco Marzio - anno V - Numero 4 - febbraio/marzo 2001- www.get.to/garrulus)

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14.2  Mi piace andare a cena con uno che parla

Invece con Silvio ci vado a cena. A Milano. In uno dei bei ristoranti intorno alla "Madunina". Il menù ideale potrebbe essere a base di risotto con tartufo d'alba, punta di vitello al forno con patate, insalatina trevigiana mista col cicorino tagliato a striscioline. Una millefoglie per dolce. Un caffè e, in attesa di sorbire un centerbe o una vodka, si dovrebbe avere a portata di mano un pianoforte o una chitarra. Potrei accompagnarlo improvvisando accordi, però preferirei che suonasse lui il pianoforte per iniziare con voce alla Yves Montant…

 

   " c'est une chanson, qui nous ressamble toi qui m'aime...

 

E a questo punto della serata sarei così felice da permettermi di ordinare un gelato di cocco, frutti di bosco, pistacchio, melone e panna. Al diavolo la dieta! Un'occasione così capita una volta nella vita! Poi Berlusconi, ormai stanco di suonare e cantare da solo mi chiederebbe a suonare e cantare a mia volta.

Io, per restare nel clima gli farei ascoltare una deliziosa canzone che cantava sempre mio padre e che probabilmente Silvio non conosce:

accordo in "la".

J'ai des parents qui
ne sont pas du trop bien assorti,
Papa est petit et trés mal batit,
tous dit que maman
est grand jolie et fait du sport
mon père avec mon mère
a toujours tort...
......
faire la soupe pour le chat
c'est pour mon papa
faire du boniment
c'est pour ma maman
le tango c'est toujours pour ma mère
le balet c'est toujours pour mon père
le viex pijama c'est pour mon papa
les tissues plus bonnes
sont pour ma maman
et c'est a lui qui l'achete-moi les plus salsoche

...

Insomma me ne tornerei a casa contenta perché una persona così a cena non ti dà alcun pensiero. Buon conversatore, simpatico. Conosce pure tanti aneddoti, veri o inventati. Trovo triste cenare con un tipo taciturno (non che sia il caso di Rutelli che, anzi, ha forse nella loquacità l'unico punto di contatto con Berlusconi), perché io quando mangio annuisco. E' la cosa che preferisco fare, avendo la possibilità di gustare il cibo. Lascio volentieri che siano gli altri a parlare e annuisco. Berlusconi per questo è il cavaliere ideale. Io mangio, lui parla e mangia. Anche le barzellette mi stanno bene, purché non siano volgari. Spero che almeno tre o quattro adatte ad una signora le abbia in repertorio. Io forse gli racconterei quella che termina con "Dio esiste e c'é lavoro per tutti!*". Non credo si offenderebbe. Non si offende mai Berlusconi. Fa finta... E' il ruolo nella recita a soggetto che tutti i politici hanno. Non solo Berlusconi. Certo lui è più credibile degli altri perché essendo anche uomo che produce spettacolo sa  dare i toni giusti alla battuta. Sembra vero. Anche quando finge di credere che ce l'hanno con lui, è pur sempre un copione che interpreta. Un film del quale Silvio, regista e attore, ha previsto la sceneggiatura. Non scrivo questo per criticarlo. Non fa altro che quello che altri farebbero se sapessero farlo. Un uomo di successo usa tutti i mezzi a sua disposizione per conquistare gli altri. Io non ho bisogno di essere conquistata, posso affermare che come uomo è simpaticissimo. Per farci una nuotata, o una cantata. Ripeto meglio, molto meglio il Cavaliere che Rutelli. Non potrei però mai affidargli il governo d'Italia perché lui, Berlusconi, è lontanissimo dal mio modo di concepire la società. Tutto qui.

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. 3 marzo 2001: I Quiz

Stamattina mi ha chiamato Rita. Vuole che io faccia la domanda per i Quiz. Anche Guarnieri, che di tanto in tanto mi chiede notizie per i suoi articoli, mi sprona a ritentare. Io credo che, i responsabili dei vari programmi, non mi chiamerebbero a concorrere per timore che io possa vincere davvero. Non credo prevedano che si vinca spesso. O almeno vogliono essere loro a decidere quando vincere e quando perdere. Se mi dovessero chiamare dovrei fingere di sapere poche cose, altrimenti mi lascerebbero a casa. Ma tutto sommato spero che non  mi chiamino.


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.1 13 aprile 2001: L’Araba fenice.

… Mi ha telefonato Marcella Taralli. Lei i quiz non li ha mai abbandonati. Ha fondato una nuova associazione con sede a Pescara che  ha trecento aderenti in tutt’Italia. Fanno quiz dalla mattina alla sera. Il giorno 6 aprile, di domenica i “quizzomani” verranno a Roma per un convegno. Marcella mi ha chiesto di andarci. Se avrò tempo ci andrò. Saluterò volentieri lei e Piera. Piera che credo sia adesso vicepresidente dell’Associazione. Le abbraccerò volentieri, osservando tutte e due con attenzione per capire come fanno a mantenere negli anni questo entusiasmo per i giochi. Non è per quello che riescono a vincere, credo; anche se è notevole l’elenco dei premi incamerati, specie da Marcella: decine di crociere, un po’ di automobili, televisori, elettrodomestici, mobili, soprammobili.

Un giorno mi ha detto che a lei piace tantissimo  scartare i regali. Come i bambini a Natale. Credo che anche questo sia un modo per mantenersi sempre giovani. Eterni ragazzi.  La capacità di entusiasmarsi, di aspettarsi ancora regali dalla vita, aiuta.

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15.2 Striscia la notizia

Mentre scrivo sento “Striscia” dove Marcella con la sua associazione “L’Araba fenice” ha segnalato una persona che ha vinto più volte in diversi giochi e ogni volta ha una voce diversa. Ha vinto centinaia di milioni. Certo, di trucchi se ne fanno. E non da oggi. Del resto quando tanti anni fa mi chiesero di fondare un’associazione di “quizzaroli” era questo che intendevo fare; una specie di sindacato per la trasparenza e il controllo dei giochi a premi. Per dare possibilità di partecipazione a tutti, senza inganni. Ma non ci capimmo e mi ritirai del gruppo dei cinque fondatori. Adesso però che la Taralli è presidente ogni tanto avverto le sue proteste a difesa della correttezza. Brava Marcella tieni gli occhi aperti.

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16. Il Referendum Maggioritario (marzo 1999)

Al "Patto Segni " in via Belsiana c'è un gran da fare per il Referendum Maggioritario. Donne, donne, tantissime donne che vi lavorano. La moglie di Segni è presente spesso. Gli uffici, i tavoli sono tutti occupati, soprattutto da donne. Rita io e Giulia, Anna, ci alterniamo tra Il Patto Segni e L'Italia dei Valori in via del Corso. Di Pietro e Segni vanno d'accordo. Sono promotori del Referendum, e anche Luigi Abete lo è. In via Belsiana, oltre a noi si impegnano tantissimo Anna Ferrario, Laura Brancaccio, Wanda Campus, Paola di Tullio, Adele Quercia, e tante altre persone di buona volontà.

Alcune donne famose fanno da testimonial e firmano un documento che diffondiamo a mezzo stampa e con volantinaggio :

Margherita Hack , Antonia Brancati, Emma Marcegaglia, Marina Bonfigli, Marta Marzotto, Annamaria Bucciarelli, Novella Calligaris, Letizia Moratti, Edda Caregnani, Adriana Poli Bortone, Maria Chiaia, Valeria Ciangottini, Elisa Pozza Tasca, Annabella Clemente, Wanda Montanelli, Adele Quercia, Rosellina Archinto, Paola D'arborio, Rosaria Rufini, Simonetta De Felicis, Francesca Satta Flores, Maddalena Fallucchi, Vera Slepoy, Albertina Soliani, Matilde Filippini, Marina Viro, Paola La Fonte, Beatrice Zilieri Dal Verme, Miriam Mafai, Patrizia Redler, Giulia Barbiero, Fiorella Maddoli, Paola Perego, Marina Prodi, Federica Gasparrini Rossi, Flavia della Gherardesca.

Le province interessate presso cui andremo col camper a promuovere il referendum sono tante: Viterbo, Rimini, Ascoli Piceno, Teramo, Matera,Catania, Palermo, Ancona, Firenze, Potenza, Perugia, Verbania, Trieste, Imperia, La Spezia, Brescia, Sondrio, Varese, Isernia, Asti, Cosenza, Padova, Massa Carrara, Reggio Emilia, Frosinone, Macerata, Sassari, Venezia, Bologna, Roma. Campobasso, Napoli, Milano, Terni, Pesaro, Bisceglie, Rieti, Latina, Siena, Arezzo.

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16.1 Un dolce sì per il Referendum

In Piazza Navona distribuiamo cioccolatini e mimose. E' l'otto marzo del 1999. Siamo circondate da persone che chiedono, vogliono dire la loro sul Referendum. Molti non sanno. Non capiscono la differenza tra Maggioritario e Proporzionale. Occorre dilungarsi in spiegazioni, il tempo non basta a parlare con tutti. "Alcune, invece di star dietro alla gente, si fanno fotografare da un giornalista con Segni e Abete. Intanto le riprende anche un tg della Rai . Rita s'inquieta. "Guarda - mi dice - noi abbiamo organizzato, abbiamo portato le mimose, i cioccolatini, i tavolini; predisposto lo slogan "Un dolce Referendum", fatto il cartellone e mentre stiamo qui a parlare con la gente, le furbe si fanno riprendere con Segni". "Noi stiamo facendo politica - rispondo - loro si mettono in vetrina..."

"Brava! Ma a casa la gente chi crede che faccia politica oggi in Piazza Navona. Noi che siamo in mezzo alla folla o loro lì in esposizione?"

Non mi va di affrontare il problema della visibilità. Poi si finisce come al solito a disquisire tra l'apparire e l'essere e il discorso si fa complicato e Pirandelliano. Taglio corto e chiamo Abete. " La facciamo una ripresa mentre accettate un cioccolatino dal nostro cestino?.. Venite qui, in mezzo alle mimose, dietro al banchetto. Lui chiama Segni e entrambi si fanno riprendere col nostro gruppo. Mangiano le caramelle siamo tutti sorridenti, sia sui giornali che in Tv. Rita spicca con quei capelli rossi vicina al pallore di Segni.

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16.2 Con il camper incontro donne

Un giorno partiamo per le Marche e L'Abruzzo. E' sabato. Andiamo sulla Colombo a ritirare il camper noleggiato da Rita. La ditta dovrà fornirci il mezzo e un autista che ci porterà in giro. C'é però una sorpresa. L'agenzia non ha l'autista, "Oggi è sabato- dice - l'unico disponibile si è ammalato. "Che facciamo ? - chiede Rita - Lo vuoi guidare tu? "Che ne so - rispondo - che patente ci vuole?"

"La B" dice il gestore dell'autonoleggio.

" E' difficile?" mi informo.

"No - ci incoraggia l'uomo, forse temendo di perdere il contratto - si tratta solo di stare attenti alla marcia indietro perché non c'é visibilità".

"Ci provi?", mi dice, ma Rita subito decide diversamente. "Lo guiderò io- dice - dato che ho firmato per la cauzione, é meglio che io stessa lo porti. L'assegno che gli ho dato mi farà stare molto attenta".

Così partiamo. Siamo subito sul raccordo anulare verso l' autostrada. Rita si lamenta di avere scarpe poco adatte alla guida. Deve raccogliere alcuni appunti e documenti che la delegazione che ci attende ha chiesto. "Come faccio a guidare - dice - mentre c'é da cercare i manifesti, predisporre un comunicato stampa. Chiamare gli amici per organizzare la serata.

"Il comunicato stampa posso prepararlo io" dico.

"E tutto il resto?" risponde.

" Per caso vuoi che guidi io?"

"Te la senti?", mi chiede.

"Posso provarci".

Rita accosta verso una piazzola di emergenza, ferma il camper e cambiamo i posti. Io vado al posto di guida. Metto la prima, poi le altre marce e ho la sensazione esaltante di guidare in una posizione di dominio che mi fa sentire, sicura, felice. Rita smette di guardarmi con preoccupazione e si rasserena. Accende la radio. Poi inserisce il brano "Voglio una sinistra a modo mio" . Incomincia a piovere e mi dice "Vai piano". "Sta tranquilla - dico - mi trovo bene a guidare e ho pure le scarpe adatte, fa' ciò che devi e non preoccuparti".

Lei passa a sedere in salottino, mette a punto il comunicato, prepara i volantini da distribuire, i manifesti. Finalmente si rilassa e sorride telefonando a Flavio Bertellini che ci aspetta col comitato a Perugia.

"Arriviamo alle sedici, siamo in camper. In quanti? Solo noi due. L'autista ci ha dato buca- spiega- siamo noi, io e Wanda come Thelma e Louise. Fateci trovare tanta gente in piazza".

Con la bandiera del Maggioritario fuori dalla finestra arriviamo. Il mangianastri manda musica al massimo del volume.

Applausi, sbandieratori, cori, evviva ci accolgono con entusiasmo. Mi indicano dove parcheggiare e, una volta sistemato il camper, ci mettiamo al lavoro.

La piazza è gremita di gente. I tavoli hanno gadget, volantini e comunicati stampa. Un giornalista intervista Rita. La riprende vicino al manifesto col simbolo del Maggioritario. Una radio locale invece registra il mio colloquio con una signora che mi ha chiesto spiegazioni. Siamo in tanti a risponderle. Prendo un pacco di volantini e vado a darli lungo la strada. Ne lascio un po' nei negozi. Rispondo a chi mi chiede se votare sì o no. Come al solito risulta difficile capire che il "sì" vuol dire no e il no vuol dire sì.

"Insomma se io non voglio tutti questi partiti che devo votare?" chiede una donna.

"Deve fare la crocetta sul simbolo "Sì" .

Ma perché? Se non li voglio scrivo "No".

"No, no - dico- deve dire Sì".

 

Nota: Avvenne poi che l'unica scelta operata fu di carattere emotivo e diciotto milioni di lavoratori dipendenti, temendo le ripercussioni negative, hanno optato per l'astensionismo

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17. Thelma e Louise e...  Giuliana.

Che bello stare in mezzo alla gente a parlare. Lo avevamo già fatto sia io che Rita, ognuna per conto proprio, aiutando anni addietro i banchetti radicali a raccogliere le firme per i Referendum. Ripetiamo l'esperienza a Piazza Navona e ci viene in mente di prendere un camper e andare in giro per L'Italia a promuovere il Maggioritario. Rita si incarica di noleggiarlo.

Qui a Roma sono tante le donne che si offrono di aiutarla, ma per andare in giro in altre regioni sono forse l'unica disponibile. Oltre a Laura Micheli per la Toscana.

Cominciamo i nostri giri da Roma. Tra la gente di piazze e mercati soprattutto. Un giorno viene con noi la contessa Giuliana Olcese. E' loquace, vivace. Pretende di parcheggiare il camper in Piazza san Pietro. I vigili ci fermano chiedendo i permessi. Noi li abbiamo ma non per quella piazza. La Olcese parla, parla, parla, riesce quasi a convincerli. E anche noi siamo impegnate in un ascolto perenne. A sera siamo cotte.

Però è simpatica la Olcese. E' un soggetto unico. Non ho mai visto nessuno con una sindrome da visibilità così accentuata. Sa tutto. Durante la giornata mi parla di comunicazione, di ogni pro e contro i mass media. Sa molto più di me e di chiunque altro esperto. Dal punto di vista tecnico-pratico è una fonte di informazioni:  aggiornata su tutte le agenzie stampa. I numeri dei dimafoni o piuttosto i fax , le e-mail e i siti internet, i referenti delle redazioni politiche di ogni quotidiano, gli orari in cui telefonare, chi ti da' retta e chi no; quanto dev'essere lungo il comunicato, quando è meglio dettarlo, con chi se la fa il giornalista che tratta di politica nel quotidiano con maggiore tiratura. Insomma, non so se piangere o ridere.

Per strada troviamo una carrozzella. Si entusiasma, vuole farsi fotografare col cavallo. Noi abbiamo l'asinello come simbolo, "il cavallo vi si avvicina", dice Giuliana e prega il vetturino di scattarle una foto sulla carrozzella. Rita chiede all'uomo se voterà per il Maggioritario. Lui non sa cosa sia. Neppure vuole che glielo spieghiamo. Restituisce la macchina fotografica e la Olcese vuole un'altra foto. I vigili ci chiedono di andarcene. Lei insiste. Vuole la foto col cavallo. Rita mi manda a farle la foto "Fai finta di riprenderla e fotografa solo il cavallo", mi dice. Io scatto la fotografia. Giuliana mi chiede: "Come sono venuta?"

"Forse in controluce", rispondo".

"Glie l'hai scattata?" chiede Rita.

"Sì, come a Napoli - dico- senza rullino, perché è finito".

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. Aprile 1998: nasce Emily, donne per la politica

Emily vuol dire "early money il like yeats", "il denaro iniziale è come il lievito, fa crescere l'impasto". Per impasto si intende il successo nella politica, tanto avaro quando incontra le donne. Così, prendendo esempio dalle inglesi e dalle americane, le parlamentari italiane fondano l'associazione Emily. Vi fanno parte Claudia Mancina, Giovanna Melandri, Tana De Zulueta, Fulvia Bandoli, Sara Simeoni e altri testimonial di prestigio come serena Dandini che intervistata da Repubblica asserisce: "Aderisco al progetto come una cozza; ci sono tanti talenti che non vengono fuori per mancanza di autostima, bisogna impararla, insieme all'autoironia".

La lista delle adesioni è lunga: Anna Finocchiaro, Livia Turco; disposte a tenere corsi sulle dinamiche politiche. Inviano telegrammi di incoraggiamento Nilde Iotti, Giglia Tedesco, Elena Montecchi; la stilista Chiara Boni, la direttrice della scuola di danza del teatro dell'Opera di Roma Elisabetta Terabust.

Quando nasce Emily è l'inizio di aprile 1998. Si prende a modello la forza che hanno dimostrato le centouno elette nel Labour party alle ultime elezioni. Si intuisce che aiutarsi a vicenda porta a dei risultati: finanziarsi, essere coese e via!

Franca Chiaromonte diessina organizza Emily e viene posta a capo dell'associazione. Dichiara che questa sarà una lobby delle donne di sinistra per aiutare "i talenti inespressi" che vogliono fare politica. Si prevedono corsi di formazione, soldi, appoggio materiale e morale, rete di contatti. Si prevede una Emily's list come in America e in Inghilterra, per offrire sostegno alle donne che vogliono candidarsi nel Labour party.

Ho qui l'articolo di "Repubblica" che avevo conservato. E' del mese di aprile 1998: clicca per l'immagine

Oggi è il 7 aprile 2001. Siamo a tre anni dalla nascita di Emily. Non ne ho sentito molto parlare. Forse dipende da me che per il tanto da fare non mi sono informata. Qualcuno mi ha detto che aiutano solo le donne "proprio di sinistra". Chissà se è vero. Vorrei chiedere loro, se avessi tempo di frequentare l'associazione: "E se una sta un po' più a sinistra che "proprio a sinistra"? "E se invece un'altra sta un po' più al centrosinistra invece che "a sinistra"? La aiutereste un'indecisa così?

Vorrei comunque incoraggiare l'associazione dato che l'idea mi pare buona. Spero le cose vadano bene. Ho inviato tre o quattro e-mail a Emily per chiedere un'informazione che interessava le donne Democratiche. Neanche ricordo che cosa mi serviva, era un mese e mezzo fa. Anni luce per me che ogni giorno ho la lista d'attesa delle cose da fare. Non hanno mai risposto alle mie e-mail. Allora ho chiesto al 12 Telecom il numero di telefono: Non sanno cosa sia Emily. Non risulta negli elenchi. Va bene che il "dodici" Telecom il più delle volte non serve a niente e ti buggera comunque cinque scatti. In ogni caso direi alle "ragazze" di Emily:

San Gennaro, che ascoltava ogni giorno la richiesta di un fedele intenzionato a vincere la lotteria gli ha detto "Comme vuo' vencere si nun t' accattate 'o biglietto?"

(come pretendi di vincere se non acquisti il biglietto?) . Così, io che non ho i mezzi di San Gennaro, se pure avessi voluto mandare un piccola cifra per sostenere l'Associazione come avrei potuto farlo?

E se le avesse cercate un'ereditiera fissata con la politica al femminile?

Occhio ai messaggi e auguri. 

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19Discussioni in famiglia. Berlusconi piace

Sta simpatico ad uno dei miei nipoti. Poi cercherò di spiegare perché. Tra le persone che conosco, tra quelli che voteranno Berlusconi c'è un mio parente che ha le figlie disoccupate mi ha detto chiaro e tondo. "Il voto lo dò a chi trova un posto alle mie figlie. Mi interessa il caso mio. Alla bella età di cinquantasei anni sono diventato egoista".

Medito la risposta e lui incalza: "Poi ho pure i suoceri con la pensione ridicola. Lui ha detto che se viene eletto darà un minimo di unmilioneeventinovemilalire al mese per ogni anziano. Perché non votarlo? Anche loro devono pensare alla loro vita":

"E il conflitto d'interessi?" , chiedo.

"Che mi frega a me del conflitto d'interessi! Quelli devono campare!

A chi li fa campare daranno il voto".

"Ma non ti ricordi che quando ha governato lui, c'é stata una manifestazione in piazza proprio perché voleva toccare le pensioni?"

"Non è vero - mi dice e poi continua ribadendo - Manca il lavoro, non c'é sicurezza, in cinque anni di governo di sinistra non è stato fatto nulla, ecc."

Ed io, siccome non c'é peggior sordo di chi non vuol sentire, rimando ai documenti. "Ti darò la possibilità di documentarti per capire che quanto stai affermando è solo frutto della propaganda dell'abilissimo Silvio Berlusconi".

"Non m'importa niente di Berlusconi - risponde mio cognato - Non lo ascolto neppure quando parla".

"Lo ascolti eccome, ribadisco. Parli anche come lui. Dici "la Sinistra", invece di dire "il Centrosinistra".

 "E la stessa cosa" - risponde.

"Anche lui dice che è la stessa cosa".


19.1   Perché lo apprezzano

 

A parte i conti che molti si fanno sulla possibilità di aumenti di posti di lavoro e  sulle pensioni, sarebbe il caso di considerare che  la solidarietà verso Berlusconi spesso è di  carattere emotivo e può derivare da istintiva simpatia o essere ispirata da ciò che programmi tv significano o hanno significato per il pubblico: legami con l'infanzia, ricordi piacevoli di molti giovani tra i 20/25 anni, senso di apparentamento tra i ricordi e il fornitore di tali prodotti.

Berlusconi rappresenta una figura consueta, quotidiana, uno di famiglia che ha tanto, ma che dà agli altri. Quasi un parente ricco e generoso. Produce lavoro, ma regala programmi tv. Ispira un senso di appartenenza perché legato a momenti belli del presente e del passato. E' colui che ha regalato i Jefferson, i bei film americani, i programmi a quiz miliardari e accessibili a tutti, soprattutto gratis (almeno apparentemente) .

Ha regalato le telenovelas e c'è tutta una categoria di donne che gli sono grate per questo. Per un giovane di venticinque-trent'anni Silvio Berlusconi è legato a importanti momenti di crescita.

Ho chiesto ai ragazzi che lo apprezzano, cercando di capire. E mi hanno spiegato che Berlusconi è colui che c'è sempre stato quando qualcosa di bello veniva dal mondo inaccessibile dei ricchi. "Lui condivide, lui dà, lui c'è... ", mi hanno detto, e quando è assente dal video ci sono le sue emanazioni: programmi, pantomime contro i suoi avversari, tg personalizzati, partite di calcio; conduttori fedeli, e persino presentatori apparentemente indipendenti che però orientano le scelte degli ascoltatori. Riescono a far credere che nel disagio generale il male minore è lui,  Berlusconi. Conduttori tv dichiaratamente di sinistra, ex sessantottini, attori ed artisti , ballerini e nani, fuoriusciti radicali, sono tutti lì a lavorare per lui, che magnanimo accoglie tutti e paga tutti e dà lavoro a chi gli è fedele e chi lo critica.

Pensate che suggestivo messaggio per i più semplici.

E che insolita dimostrazione di potenza.


19.2 Il campo minato di Silvio

Mi accorgo che Rutelli è uno dei pochi personaggi politici che hanno capito come non si fa il gioco di Silvio Berlusconi. Egli è di indole tranquilla. Il suo modo di proporsi è naturalmente pacifico, però ritengo che dia dimostrazione di grande intelligenza politica ogni volta che muove bene i pezzi degli scacchi in quella perenne partita aperta col suo avversario. E non è come il Cavaliere vorrebbe farci credere fingendo di snobbarlo. Lui ne ha davvero una fifa blu, non essendo affatto sicuro di vincere queste elezioni. Allora rifiuta di incontrarlo in un faccia a faccia però lo sfida quotidianamente attraverso i mezzi e i modi che gli sono più congeniali: Le notizie.

Il campo è il suo. Le mine di cui lo dissemina, pure. Sarebbe facilissimo per un leader meno intelligente di Rutelli inciampare in una di queste mine e farsi del male. Questo fino ad oggi non è ancora avvenuto e perciò Berlusconi si innervosisce giorno dopo giorno.

Oltre al timore di poter perdere le elezioni Berlusconi non accetta che i suoi mezzi e le sue astuzie comunicative non attecchiscano. Non gli era mai accaduto nel passato. Non almeno in questo modo così netto. C'é un rifiuto di Francesco Rutelli ad entrare nel campo minato. C'é una chiara comprensione delle mosse del suo avversario. C'è una perfetta conoscenza delle mosse delle pedine. No Rutelli non entra in trappola e Berlusconi non sa più che cosa inventarsi per recitare il ruolo che gli è più congeniale: la vittima.

Pensiamo al film preferito di Berlusconi. Come può fare a realizzarlo se manca il carnefice? Ogni vittima presuppone l'esistenza del carnefice. Ruolo a cui Francesco Rutelli è refrattario, e non solo per la sua intelligenza, non solo perché ha capito benissimo il gioco del suo avversario, ma perché nessuno, dico nessuno; nemmeno i suoi avversari più feroci, possono minimamente pensare che Rutelli farebbe un gesto men che corretto nei confronti del suo avversario. Ecco perché Berlusconi lo rifiuta; chiede che il candidato premier sia un altro. Rutelli è una persona che davvero non si interessa alle fisime di Berlusconi e alla sua spasmodica voglia di essere colpito, offeso, insultato. Mai; mai lo farebbe. Neanche sotto tortura. E questo vi assicuro è un bel guaio per Silvio Berlusconi.

Io personalmente sono pronta a pagare di tasca mia una alta cifra di scommessa se qualcuno mi dimostra che una sola volta Rutelli abbia mancato di rispetto al Cavaliere.

Chiede di incontrarlo questo sì, pochissime volte ha ricordato il conflitto d'interessi, dice che il centrodestra non ha i programmi. Tutto qui.

Non ha mai ricordato Tangentopoli, le condanne, i problemi legali di Silvio Berlusconi. Ed ho una brutta notizia per il Cavaliere. Da un po' di tempo a questa parte, a forza di dirglielo, tutti gli uomini della coalizione di centrosinistra hanno capito come si fa a star lontano dalle trappole.

Quando sentono strillare "Mamma Ciccio mi tocca!.. Ciccio toccami toccami che mamma non c'è!". Sanno che devono applicare il metodo Rutelli

Ignorarlo. "Nun 'o da' audienza", si dice a Napoli.

Tuttavia alla luce del sole, ossia alla luce dei riflettori Francesco è sempre pronto, per il rispetto che si deve ad un avversario politico, a parlare con lui e contro di lui dei programmi. Niente di più niente di meno. Affrontarsi in pubblico come dei signori perbene che hanno a cuore il miglior futuro dell'Italia.

Ma Silvio rifiuta.  Perché?  Io credo che da bravo comunicatore egli sappia che in un faccia a faccia, lui avrebbe da perdere confrontandosi con Rutelli. I toni sinceri del suo avversario potrebbero disarmare la sua abilità espositiva. Le vere cifre del governo di centrosinistra, gli innumerevoli vantaggi del governo del sindaco di Roma che intende operare allo stesso modo diventando il sindaco d'Italia, questo lungo elenco non conviene a Berlusconi. L'incontro sarebbe troppo serio e corretto e documentato per potergli giovare. Carte alla mano, che pezze d'appoggio porterebbe Silvio Berlusconi? e come farebbe a dominarsi nella sua tendenza a prevaricare? Non so se avete notato nella puntata de "Il raggio verde" com'era disarmante la correttezza del ministro Bianco. In quel caso l'onorevole Gianfranco Casini si è adeguato allo stile da perfetto gentleman di Enzo Bianco. Lo ha dovuto fare per evitare di perdere punti nel confronto. Berlusconi non potrebbe accettare di lasciare che la gente pensi bene del suo avversario, perciò entrerebbe in una spirale di autolesionismo dovuto proprio al confronto tra il comportamento suo rispetto a quello dell'altro leader. Anche perché alla fine la gente riesce a distinguere la verità dalle frottole, le buone intenzioni, dalle astuzie i programmi reali da quelli inventati, l'amore vero per l'ambiente, l'Italia, le donne, le città , l'arte; dal disprezzo per tutto questo. Non si può fingere male in una recita a soggetto e Berlusconi sa recitare solo in ruoli precostituiti senza intoppi per le sue battute imparate a memoria. Tutto dev'essere calcolato al millesimo. Il film deve essere di sua scelta. Il luogo pure, il suo avversario politico anche.

E attenzione, perché ad una settimana dalle elezioni potrebbe, il Cavaliere, inventarsi un'altra storia per restare in agenda setting. Per sollevare, ancora una volta riprovazione nei confronti dei suoi avversari. Sollecitare l'istinto materno nelle diecimila donne che gli scrivono ringraziandolo per le telenovelas.

Mica tutti i giorni esce fuori un Luttazzi che stoltamente caccia dal cilindro il coniglio che fa felice Berlusconi. Magari ce ne fossero di Luttazzi per Silvio! Se ne uscisse un altro subito il Cavaliere si sentirebbe miracolato come quando ha visto quella specie di "cimice"  nel suo ufficio. Chissà cosa non darebbe per trovarne un'altra, adesso sotto le elezioni.

 Aspettiamoci che si inventi un'ultima cosa, pochi giorni prima del 13 maggio. Perché non è ancora sicuro di vincere. Perché il gioco deve condurlo lui fino all'ultimo, senza rimorsi.

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20. Il complesso di Edipo

Rutelli è ambizioso. Uno che più ambizioso non si può. Già lo era quando poco più che ragazzo ha deciso di andare via dalla sua comoda casa borghese per cercare qualcosa di diverso.

Come un maledetto idealista ambizioso ha avuto la pretesa di occuparsi dell'ambiente, di fame nel mondo, di diritti universali. Tutti problemi grandi, più grandi di lui. Molti dei quali risolvibili forse nel lungo periodo. E lui si è comportato come fosse certo che la sua permanenza nei luoghi politici e istituzionali sarebbe durata per il tempo che gli occorreva. Una bella fantasia!  Solo un ragazzo può pensare così. Riempire di sogni la sua esistenza con la convinzione di realizzarli. Vedete, le persone come Francesco non crescono mai del tutto. Diventano prima o poi deputati, presidenti del Consiglio, ministri, ma il cuore di fanciullo non lo perdono. Quella pretesa, quell'ambizione di poter cambiare il mondo che  i bambini hanno. Quella fiducia strenua nelle proprie possibilità, nelle proprie forze, nella idea che volando alto si possa riuscire a restare in quota. Io sono convinta che Francesco resterà in alta quota perché è uno che ci crede. Lui davvero è così ambizioso da ritenere di poter essere utilissimo alla gente, all'ambiente, alle città, all' Italia. Osservata da un certo punto di vista la sua potrebbe essere anche una colpa, un  limite. Ma con i numeri che ha in mano, con le credenziali sul suo passato, su quanto ha già saputo realizzare a Roma (si va bene, a parte le periferie di cui si occuperà il bravo Veltroni)  chi può dire che lui non sarà un eccellente sindaco d'Italia?

Perché, vedete, la marcia in più che Rutelli ha, è dovuta originariamente ad una sua debolezza: un complesso edipico.

Una necessità inconscia di surclassare i suoi antenati: architetti, ingegneri, urbanisti, scultori. Lui non è riuscito o non ha voluto fare l'architetto come il padre. Che avrebbe potuto realizzare di tanto importante da far impallidire i familiari che lo hanno criticato per le sue scelte? Un bel palazzo? Una bella scultura?

Troppo poco. Francesco ha prima voluto trasformare Roma, e oggi desidera trasformare l'Italia. Abbellirla, ma non solo. Ristrutturarla, migliorarla da ogni punto di vista e magari crede pure, nella sua ambizione senza confini, di poter creare una società più giusta dove le persone, in questo caso gli italiani, siano più felici.

Ma insomma, che deve fare un ragazzo di quarantasei anni per farsi apprezzare dal padre?

Sogna, Francesco, di rimettere a nuovo questo stivale nel mare azzurro, a partire dall'acqua in cui si estende. La pulizia dei lidi turchini del mediterraneo saranno la prima prova del nove di Francesco. Non tanto e non solo perché è un ambientalista, ma perché a causa del suo inconscio bisogno di dimostrare qualcosa a qualcuno userà i mezzi scientifici del padre e del nonno. Saprà essere pragmatico e calcolare il ritorno economico dei lavori che si andranno a realizzare, dovrà affidarsi a calcoli ingegneristici di massimo livello per realizzare il ponte sullo stretto di Messina e tuttavia non potrà non tener conto di tre aspetti:

a) la risorsa per il turismo, il commercio e i cittadini;

b) aspetto estetico della mega struttura;

c) l'impatto ambientalista;

E' una bella scommessa.

Coniugare queste tre esigenze sarà un lavoro estenuante. Già immagino le discussioni, i progetti, le opposizioni, gli intralci, i tempi da prevedere, i disagi nell'attesa (come noi che abbiamo dovuto soffrire per il raccordo in zona Appia ma che adesso apprezziamo la velocità con cui si arriva ai castelli. Ma quante parolacce abbiamo mandato in giro!). E poi i finanziamenti, i Verdi che tengono d'occhio che non si danneggi il mare, gli appalti e le gare, le pressioni. Insomma chi la vuole cotta e chi la vuole cruda.

E' proprio un pazzo Rutelli a prendersi questa briga. O è un coraggioso. Così com'è coraggioso a desiderare di fare il Premier.

E non è vero che sia "mandato" da qualcuno. E' matto da sé. Ci crede.

E Forse davvero è uno dei pochi che possa riuscire in questa impresa titanica. Se non proprio l'unico, oggi, a poterla portare avanti. Perché si ritroverà in mezzo a interessi megagalattici, dovendoli gestire e pianificare, e lo farà con la sua calma. Con preoccupazione, fatica, intenzione, amore verso il sogno che si realizza. Ma con una serenità di fondo, con una imperturbabilità  che gli deriva dal non avere interessi propri nell'affaire. Sono molti i motivi che lo spingono verso questa incredibile fatica. Tra i primi il sentimento estetico e la passione per l'ambiente  (nel senso che se davvero si deve fare questo ponte sullo stretto è meglio che lo faccia un ambientalista che uno a cui dell'ambiente non interessa. Come quando fu necessario fare i tagli alla scala mobile. Chi avrebbe potuto convincerci che era necessario se non i sindacati?)

Ripeto, sono tanti i motivi che lo spingono e tutti nobili, ma il principale tra tutti, anche se nascosto nei meandri dell'inconscio è quella sindrome dell'architetto che lo spinge a misurarsi e dimostrare che è più bravo del padre. E' così. non dipende da noi. Sono impulsi derivanti dalla nostra storia.

Ha capito dottor Marcello? Non se la prenda.

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